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ma il presidente del Consiglio, essendosi opposto alla sospensiva, trionfò, e la discussione fu iniziata subito. Già il 1° luglio la Camera passava alla discussione degli articoli e prontamente votavasi, con 227 voti favorevoli, 135 contrari e s astensioni, portando però al primitivo progetto variazioni essenziali.

Oltre questo, due altri progetti di legge, che più da vicino toccavano gl’interessi di Roma, vennero in luglio alla Camera. Uno era per la concessione della lotteria e dell’eccedenza del dazio-consumo al Comitato dell’esposizione, e ne fu relatore l’on. Coppino; l’altro riguardava il compimento dei lavori edilizi di Roma, e ne fu relatore l’on. Panizza. La commissione aveva modificato il progetto governativo, proponendo che ai lavori del palazzo di Giustizia, del Policlinico, del proseguimento della via Cavour e del ponte Vittorio Emanuele, fosse aggiunto quello della platea archeologica, e che per questo si facesse una anticipazione di 2 milioni e mezzo, lasciando al Comune il carico della spesa superiore che potevano esigere i lavori. Va notato che in quella platea archeologica l’on. Baccelli voleva sorgesse l’Esposizione; la proposta della commissione era dunque un tentativo indiretto per farla riuscire. Durante la discussione, il ministro Genala pregò la commissione di non insistere sulla platea archeologica e accettò la sostituzione del ponte Cavour a quello Vittorio Emanuele, purché si rimanesse nei limiti della spesa. L’on. Baccelli dichiarò che la platea archeologica era lavoro di bonifica e per questo necessario, e ritornò a dire che il Municipio aveva più volte preso formale impegno di dare appoggio all’Esposizione, anche quando era sindaco don Onorato Caetani, duca di Sermoneta. L’on. Caetani smentì formalmente le asserzioni del Baccelli e rammentò i fischi avuti dopo la seduta del Consiglio, nella quale aveva date le dimissioni, e aggiunse che aveva sempre combattuto quel disegno, perché riteneva che Roma fosse impreparata alla Esposizione.

La spesa per la platea archeologica non incontrò favore alla Camera, la quale la respinse, ma votò i 42 milioni per il proseguimento dei lavori edilizi di Roma, non compresi nella legge precedente.

L’altro progetto di legge per la concessione della lotteria al comitato della esposizione e dell’eccedenza del dazio consumo non fu discusso.

Il 7 tu letta alla Camera una lettera del comitato dei Sette, che aveva eletto a suo presidente l’on. Mordini, con la quale scusavasi di non aver potuto terminare il lavoro per la vastità delle indagini e perchè non gli erano stati comunicati gli atti del processo della Banca Romana. Nella seduta successiva l’on. Bovio, che faceva parte del comitato, ma atteggiavasi a dissidente, disse che se vi erano nella Camera alcuni, che sapessero di dover fare i conti col comitato, opererebbero prudentemente deponendo il mandato. A questa uscita da tutte le parti s’incominciò a gridare: «Che intimazioni son queste? Parli, faccia i nomi». Il presidente si coprì, non potendo dominare il tumulto, e la Camera dette al Bovio vivi segni di disapprovazione. L’on. Cavallotti presentò una mozione perchè il Bovio parlasse subito a nome del comitato. Il presidente del Consiglio propose che la discussione della mozione fosse rinviata al giorno in cui il comitato avesse presentato la relazione dell’inchiesta, e la Camera approvò la sospensiva, e siccome il luglio era inoltrato, si prorogo senza attendere il risultato della inchiesta.

Nelle elezioni amministrative parziali del giugno avevano trionfato i clericali, per le solite divisioni e la solita apatia di cui i liberali davano continua prova.

Il Papa aveva creato nuovi cardinali; essi erano: monsignore Graniello, monsignor Baurret, monsignor Fecot e monsignor Schlank.

Dopo il voto della Camera, contrario alla platea archeologica, l’on. Guido Baccelli dette le dimissioni da presidente del comitato per l’esposizione, ma fu rieletto in una assemblea generale