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Partita Maria Pia, la regina Margherita andò dai Caetani, nella villa di Fogliano; essi fecero godere alla Ospite Augusta tutti gli spettacoli più belli che offrono le paludi Pontine in primavera: pesca, gite sui laghi e sul mare, e una ascensione sul Circeo, che riusci un vero incanto.

Durante le feste il Ministero Giolitti, continuamente bersagliato, aveva goduto di un momento di tregua e pareva rafforzato, quando, cosa insolita, la Camera respinge il bilancio di Grazia e Giustizia, per infliggere un biasimo al ministro Bonacci, del quale se ne erano dette di tutti i colori, per il processo della Banca Romana.

Il 19 maggio tutto il Ministero annunziava alla Camera le dimissioni, ma dopo pochi giorni ricostituivasi con il senatore Eula alla Grazia e Giustizia, e il senatore Gagliardo alle Finanze.

La scelta di questi due senatori, era una avveduta manovra per riconciliare il Senato col Governo. La Camera vitalizia aveva dato segni manifesti di ostilità contro tutto il Gabinetto, e specialmente contro il presidente del Consiglio, e minacciava respingere la legge sulle pensioni, che era in discussione mentre avveniva la crise. Quella legge da un canto, mercè una operazione con la Cassa depositi e prestiti, doveva provvedere alle necessità più urgenti del bilancio, e dall’altro risolvere definitivamente il problema delle pensioni, problema grave per lo Stato. Il Senato non aveva fatto tanto buon viso alla nomina a ministri dei due senatori, perchè la discussione sul progetto di legge ripresa il 31 maggio, continuò fino al 5 giugno terminando con un voto favorevole, ma il Giolitti l’ottenne con viva lotta sacrificando la seconda parte del progetto, e contentandosi che gli fosse consentita la sola operazione finanziaria.

Anche nella scelta dei due sottosegretari per gli Esteri e per la Giustizia, il Ministero aveva cercato appoggio nei partiti avversi al suo. L’on. Luigi Ferrari, che era andato alla Consulta, assicurava al Gabinetto i voti dei suoi amici di parte avanzata, e l’on. Gianturco quelli di alcuni meridionali. Difatti il Ministero ebbe alla Camera il 26 maggio un voto politico favorevole.

Il senatore Eula non fu peraltro ministro altro che di nome. Affranto di salute, dovette, appena insediato al palazzo di Firenze, recarsi a Resina, per chiedere alle aure benefiche dei paesi vesuviani, la forza necessaria al lavoro. Ma il male era gravissimo e il 5 luglio il ministro spirava. Era il terzo membro del Gabinetto Giolitti che moriva, e non doveva esser l’ultimo.

La salma fu portata a Roma, ove si fece un solenne trasporto funebre a cura dello Stato, e il cadavere, per volontà del defunto, venne cremato al Campo Verano.

In giugno il commendatore Cuciniello comparve all’Assise insieme col d’Alessandri, cassiere del Banco di Napoli, col Porchetto, la Haiden e il Niccolai; i tre ultimi erano accusati di favoreggiamento e furono assolti; Cuciniello ebbe 10 anni di reclusione e il d’Alessandro 7, ma già gli altri scandali bancari, molto maggiori di quello del Banco di Napoli, avevano distratta l’attenzione del pubblico dal Cuciniello, cosicché la sua condanna commosse poco la cittadinanza.

Molte morti si ebbero a deplorare fra il maggio e il giugno. Spirò il cardinal Seppiaci, dell’ordine degli Agostiniani, creato cardinale da Leone XIII in uno degli ultimi concistori; in maggio mori pure Federigo Seismit-Doda, che era uscito dal Ministero Crispi per l’incidente irredentista di Udine, e alla fine di maggio scese nella tomba anche Silvio Spaventa, una delle menti più belle del partito moderato, uno degli uomini più integri e più stimati che ancora rimanessero al paese. La commemorazione che di lui fece il presidente Farini al Senato, fu veramente degna dell’estinto.

Il 20 giugno l’on. Cocco-Ortu presentò alla Camera la relazione sul disegno di legge per il riordinamento bancario. L’on. Cavalletto propose che ne fosse rimandata la discussione dopo che il comitato dei Sette avesse presentata la propria. L’on. Rudinì chiese pure un rinvio puro e semplice,