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Molto prima dell’aprile i cavalieri, che erano 350, incominciarono a riunirsi per addestrare i cavalli, nella piazza di Siena in Villa Borghese, dove doveva svolgersi il Torneo.
Quelle riunioni, che in principio si facevano nelle ore pomeridiane, e poi in quelle della mattina, e spesso due volte il giorno, attiravano a Villa Borghese tutte le persone che avevano un permesso speciale per visitarla quando era chiusa, ed era bello vedere galoppare tanti cavalieri sul vasto piazzale, al suono delle fanfare militari, mentre gli operai lavoravano ai palchi, e le signore seguivano intente le evoluzioni delle quadriglie. Negli ultimi giorni alle prove partecipavano anche i quattro Principi, e vi assisteva il Re a cavallo, ed egli, nei momenti di riposo, chiamava a se i cavalieri che conosceva, e i nipoti, e insieme con essi trottava nei viali conversando amichevol mente.
Mentre tutta Roma, dimenticando per un momento la trista questione bancaria, si occupava delle prossime feste, al Quirinale si lavorava notte e giorno per preparare i quartieri per i Sovrani e i Principi, che avevano annunziato la loro venuta, e specialmente per i Sovrani di Germania.
I quartieri ad essi destinati erano attigui alla sala degli Svizzeri, e si stendevano sulla via Venti Settembre. Per decorarli erano stati chiamati molti artisti, i quali lavoravano sotto la direzione del duca Carafa di Noia, che aveva preso dai palazzi reali del Piemonte, di Caserta e di Napoli i mobili e gli arazzi che meglio si adattavano con le decorazioni dei soffitti e delle pareti.
Anche alla Consulta lavoravano turbe di operai per preparare gli appartamenti della Regina di Portogallo e della duchessa di Aosta, e sotto le finestre del Quirinale sorgevano, come per incanto, giardini.
Camera, Senato, Consiglio Comunale e Provinciale tutti votavano indirizzi di felicitazione ai Sovrani e con pensiero gentile, tutta la popolazione si mostrava lieta ed esultante per circondare il Re e la Regina in quei giorni memorabili, di un’aura di festosa giocondità.
Prima che le feste incominciassero fu inaugurato di fronte al palazzo del Ministero delle Finanze il monumento a Quintino Sella, che era stato deliberato dalla Camera nella seduta del 15 marzo 1886, e al quale destinava una somma di 100,000 lire. Il monumento era stato modellato da Ettore Ferrari e fuso in bronzo. Il Re assisteva alla inaugurazione da un palco eretto sullo sbocco della via Quintino Sella. Il sindaco Ruspoli fece un bel discorso, rammentando quanto Roma doveva al grande finanziere di Biella e l’atto di consegna del monumento fu rogato dal notaio Delfini.
La faccenda dei quadri della Galleria Sciarra, fra i quali il Violinista di Raffaello, che avevano preso il volo al di là delle Alpi, terminò in tribunale, e il principe don Maffeo fu condannato a tre mesi di detenzione, a 5000 lire di multa, al rifacimento dei danni calcolati a 1,266,000 lire. La condanna parve enorme, e il principe interpose appello.
Alla metà di aprile fu dato al Costanzi il Falstaff per alcune sere e Verdi stesso, vivamente pregato venne a Roma per assistere alla rappresentazione della sua opera. La sera del 15 aprile rimarrà impressa nella mente di tutti coloro che poterono andare al Costanzi, come una delle più belle feste artistiche. Il teatro era pieno zeppo e le ovazioni al maestro non cessavano più. Il Re, che assisteva alla rappresentazione, fece pregare il Verdi di andare nel suo palco, e due giorni dopo lo riceveva al Quirinale e non rifiniva di congratularsi con l’artista per l’opera sua, così diversa dalle altre, e così fresca e gaia, quasi fosse sgorgata da una mente giovanile.
In quella primavera, e in attesa delle grandi feste, Roma più popolata che al consueto e più gaia, era veramente splendida. Ogni sera quasi vi era un ballo, o un grande ricevimento, o una