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al Campo Verano, si leggeva una espressione di profondo dolore, e non v’era fra di essi chi non riandasse col pensiero a Gaeta e a Lissa e non evocasse l’opera di redenzione della giovane marina italiana iniziata dal Saint-Bon. Tutti quegli ufficiali piangevano in lui un padre severo, giusto, illuminato, e guardavano incerti l’avvenire.

La salma del ministro fu tumulata al Campo Verano e subito s’iniziò una sottoscrizione per erigergli un monumento.

Quella morte era stata una sventura non solo per la marina, ma anche per il Ministero, al quale era mancato anche l’Ellena, altra spiccata personalità, altra forza.

L’on. Brin resse brevemente il ministero della marina; al Saint-Bon fu dato per successore il vice-ammiraglio Alberto Racchia, il quale scelse a suo sottosegretario di Stato il contrammiraglio Palumbo, genovese il primo, meridionale il secondo, poichè oramai era invalso l’uso che i due rami della nostra marina fossero rappresentati al Ministero.

Appena riaperta la Camera l’on. Carlo Lochis volse una interrogazione al Presidente del Consiglio sulla esposizione di Roma, mosso dal timore che lo Stato volesse impegnarsi. L’on. Giolitti dichiarò che il Governo era favorevole a quel progetto.

Questa questione della esposizione teneva tuttavia agitata la città, e l’on. Baccelli, che prima aveva scelto la località della passeggiata Flaminia per farvi sorgere i locali necessari alla mostra, ora aveva cambiato parere ed erasi pronunziato per la passeggiata archeologica.

Era una strana idea quella di popolare la landa deserta, sulla quale spiccano qua e là i ruderi romani, di tanti padiglioni di legno e di tela; ma i partigiani della esposizione non sofisticavano sulla scelta della località e accettarono quella, come prima avevano accettato l’altra. L’on. Baccelli non solo occupavasi del luogo, ma anche dei mezzi per attuare la sua idea; prima che l’anno terminasse rivolgeva all’on. Grimaldi, ministro del tesoro la domanda che il Comitato fosse autorizzato a fare una lotteria di un milione e gli fossero concessi i maggiori proventi del dazio consumo di Roma.

Il ministro non rispose per il momento, perchè pensieri ben più gravi tormentavano il Gabinetto. Erasi impegnata alla Camera la discussione sul riordinamento bancario e minacciava guai serii. Il Ministero domandò una proroga breve, perchè con l’agitazione che si manifestava era impossibile discutere pacatamente un argomento di tanta importanza.

L’on. Colaianni lodò il Governo per il rinvio della discussione e per una accurata ispezione agli istituti di emissione, ma aggiunse che egli, più realista del Re, non si contentava della proroga di tre mesi e della ispezione tecnica; la voleva parlamentare e chiedeva un rinvio di sei mesi.

Nel corso della discussione, che durò più giorni, l’on. Colaianni fece gravi rivelazioni sulla Banca Romana. Disse che dalla ispezione Alvisi risultava mancante una obbligazione di 4 milioni e che la creazione di 19 milioni di biglietti non era notata nei verbali.

Roma si commosse davvero a quell’annunzio e vi fu un pànico generale, perchè se questo avveniva in una banca, il cui direttore godeva tanta fiducia in città, che cosa doveva avvenire nelle altre? Si previde da quella rivelazione uno sfacelo, una vera rovina.

L’on. Giolitti pose la questione di fiducia sulla inchiesta amministrativa, combattuta dal Crispi. La commissione per l’ispezione alle banche di emissione fu subito nominata. Ne era presidente il senatore Finali; il comm. Luigi Orsini, ragioniere generale dello Stato doveva far l’ispezione alla Banca Nazionale; il comm. Giacomo Regaldi, direttore generale del demanio, al Banco di Napoli; il comm. Enrico Martuscelli, segretario generale alla Corte dei conti, alla Banca Romana; il comm.