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e del duca degli Abruzzi; il nuovo ambasciatore di Spagna, marchese di Benomar, prese a ricevere nel sontuoso quartiere al primo piano del palazzo Barberini; la principessa di Poggio Suasa faceva ballare ogni venerdì, la baronessa Sonnino ogni giovedì, la principessa Pallavicini dette alcuni balli, la duchessa Massimo pure; all’ambasciata d’Austria ogni sabato di quaresima si recitava la commedia e le attrici più acclamate erano la marchesa di Dufferin e Ava, che stava per lasciare l’ambasciata inglese per la nomina del marito a Guardiano dei Cinque Ponti; Daisy Francesetti, che recitava in francese e in inglese con eguale maestria; la principessa Potenziani e la giovane e bella marchesa Misciatelli.
I Primoli aprirono le loro sale per la lettura fatta da Giacosa stesso della sua Dame de Challant e poi le riaprirono per i quadri fotografici; gli Spalletti e i Calabrini riceverono pure, e bellissimi concerti furono uditi al palazzo Antici-Mattei, nel quartiere occupato da miss Wilson, grande ammiratrice di Sgambati. La marchesa Gravina fece pure ballare, l’ambasciatore di Russia invitò la società romana, e oltre questi ricevimenti numerosi si ebbero concerti memorabili all’Argentina, con Stagno e con la Bellincioni, a beneficio del «Soccorso e Lavoro», altri concerti alla sala Dante, conferenze bellissime al Collegio Romano, corse a Tor di Quinto, un concorso ippico a villa Borghese, un bazar di beneficenza dalla contessa Caprara e una festa per lo stesso scopo in piazza di Siena, alla quale assistè la Regina circondata dallo sciame delle belle e pietose signore della Società presieduta dalla principessa di Venosa, che si studiava di lenire le angustie dei miseri.
Anche il Comitato per l’Esposizione di Roma lavorava con lena; ogni momento annunziava, nei giornali che le somme sottoscritte crescevano e in inverno toccarono il milione. Però a Roma non si aveva fede che l’Esposizione potesse farsi, tanto più dopo l’esito di quella di Palermo, che attirava così poca gente.
Alla Camera in febbraio vi furono interpellanze sui disoccupati. Il Ministro dell’interno rispose un po’ seccamente, dicendo che era un mestiere quello dell’operaio disoccupato.
Pochi giorni dopo gli onorevoli Antonelli, Gallo, Barzilai e Ferrari presentarono una interpellanza sulle condizioni di Roma. Allora il Nicotera rispose con fermezza, condannando il sistema di far apparire Roma in preda a continui disordini e domandò e ottenne che lo svolgimento della interpellanza fosse rimandato a sei mesi.
In Africa era avvenuta una rottura con Menelick e Mangascià, e l’Antonelli interrogò su questo fatto il Governo, il quale da qualche tempo pareva avesse abbandonato la politica di amicizia con lo Scioa per un’altra in favore dei capi del Tigre.
L’Africa dava sempre da fare e da discorrere. All’arrivo del colonnello Baratieri a Massaua, nominato governatore civile, e al quale, come ufficiale in attività di servizio, spettava, in forza di un recente decreto reale, la sorveglianza della disciplina, della istruzione e della amministrazione dei corpi d’Africa, il Gandolfi non si fece trovare. Era partito per l’Asmara e dopo s’imbarcò senza aver fatto la consegna dell’ufficio al nuovo governatore. Inoltre, appena giunto, ebbe col Borelli del Popolo Romano un colloquio, che fu pubblicato, nel quale velatamente biasimava la scelta del Governo. I giornali si schierarono in due campi e naturalmente si studiavano di difendere uno condannando l’altro, e la discussione fu lunga sulla partenza del governatore dell’Eritrea e sulla scelta del Baratieri, quanto sulla nomina del conte Taverna a nostro ambasciatore a Berlino in sostituzione del defunto conte de Launay.
Il conte Taverna aveva avuto la sventura di parlare subito dopo la sua nomina, col Barth, corrispondente del Berliner Tagblatt. Il Barth forse aggiunse qualcosa del suo alle dichiarazioni del