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trodotta nell’insegnamento; dell’indisciplina che aveva lasciato penetrare nelle scuole; del ritiro dei libretti agli studenti delle università e del ristabilimento delle sessioni straordinarie di esami.
Il piccolo ministro, che trotterellava sempre a piedi dalla Minerva a Montecitorio, accanto al al suo altissimo sottosegretario di Stato, on. Pullė, pareva che dovesse rimanere schiacciato sotto quella valanga di accuse; invece, sereno al Governo come nella quiete del suo studio, dalla quale avevalo tratto l’on. di Rudinì, preparò un progetto di legge col quale assegnavansi 500,000 lire annue per gli oggetti d’arte, si comminava una penalità a chi esportava all’estero oggetti artistici e davansi le gallerie private in custodia dello Stato.
La premura con cui il presidente del Consiglio presentò quel progetto di legge e le raccomandazioni che fece perchè fosse discusso, seduta stante, lo fecero chiamare il catenaccio artistico. Il progetto di legge venne approvato ed il 10 febbraio andò in vigore. Il piccolo ministro rimase al suo posto, rimpiangendo forse alla Minerva il suo studio del palazzo Ginori a Firenze, dove aveva creato opere più durature e più encomiate di quelle cui dedicava allora la mente.
Due incendi, uno in piazza di Spagna, nel quartiere della contessa Reduska, zia del Sindaco, che distrusse molte cose preziose, e una quantità d’oggetti d’arte del pittore Corrodi, che abitava sopra, e l’altro nello stabilimento Pantanella, risollevarono l’assopita questione dei vigili e fecero capire che era necessaria una riforma in quel corpo.
L’incendio dello stabilimento Pantanella avvenne la sera stessa del ballo all’Ambasciata di Germania, il primo che dava il conte di Solms, e che per varie ragioni era stato rimandato già più volte. Anche quella sera mancò poco che i Sovrani non v’intervenissero, perchè il Re, appena seppe dell’incendio della fabbrica di paste, andò ai Cerchi e si dovette alla presenza di lui e al suo sangue freddo se il cortile potè essere sgombrato, e i lavori d’isolamento condotti con più speditezza. Quell’incendio era un disastro, perchè avendo distrutto le macchine impediva l’attività della fabbrica, e poneva sul lastrico molti altri operai, che accrescevano il numero dei disoccupati. Il Re mandò un sussidio di 3000 lire agli operai dello stabilimento Pantanella, provvedendo così momentaneamente ai loro bisogni.
La questione dei disoccupati si faceva grossa. Ai primi di febbraio essi si adunarono, andarono al ministero dell’Interno, dove l’on. Lucca li riceveva con buone parole, ma non poteva prometter nulla, perchè il progetto per Roma non era ancora pronto. Intanto essi minacciavano ammutinamenti, ed erano da temersi gli eccessi del febbraio 1887. Già i padroni dei negozi intimoriti aprivano a metà gli sporti, pronti a chiuderli subito, e drappelli di disoccupati percorrevano la città in aria minacciosa. Insultarono e tentarono di disarmare anche la sentinella di Montecitorio.
Il progetto di legge per Roma venne finalmente alla Camera il 7 febbraio, dopo essere stato concordato fra Governo e Comune. Con esso si assegnava al Comune una somma vincolata di 26,700,000 lire per le opere pubbliche che esso erasi assunto di costruire con le leggi degli anni precedenti. La spesa residua del Policlinico era fissata in L. 11,900,000, compreso il prezzo dell’area già acquistata all’Esquilino per fondare il detto Istituto e che poteva esser venduta per conto dello Stato.
La spesa pel Policlinico era ripartita nel bilancio di assestamento per l’anno 1891-92 e in quelli successivi fino al 1901, in tante quote varianti fra 1,250,000 e 1,650,000. Al compimento delle opere militari prevedute nella convenzione del 1880 si provvedeva con legge speciale, come con legge speciale si provvedeva pure al prolungamento della via Cavour fino al Campi-