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mirazione per l’esercito, per la fermezza dei funzionari di pubblica sicurezza e per la condotta del Governo, il gabinetto Nicotera-Rudinì raccolse 112 voti di maggioranza.

La Camera rientrata in calma, come la città, prese a discutere la politica africana e la dichiarazione del Presidente del Consiglio che l’Italia avrebbe limitata l’occupazione al triangolo Massaua-Keren-Asmara, e che le spese non avrebbero superato gli otto milioni annui, fece buon effetto, perché due cose reclamava specialmente il paese: calma ed economie.

Il Re in quel tempo ricevè in udienza solenne il nuovo ambasciatore di Russia, signor Wlangali e il nuovo ministro di Rumenia signor Vacarescu, padre della Elena, che era stata sul punto di divenire principessa ereditaria del nuovo regno nei Balcani.

S. M. in quel mese di maggio pose la sua forma alla legge per l’abolizione dello scrutinio di lista, e il presidente della Camera nominò i dodici deputati i quali insieme con i senatori dovevano formare la commissione incaricata di preparare le nuove circoscrizioni elettorali.

Si tornava dunque all’antico con soddisfazione degli elettori e degli eletti, perchè lo scrutinio di lista, bello in teoria, aveva sostenuto male la prova della attuazione pratica.

il 10 maggio un grave dolore colpi la Corte e specialmente la Regina. Nei palazzo del Quirinale spirava in ancor fresca età il marchese Emanuele Villamarina di Montereno, cavaliere d’onore di Margherita di Savoia fino dal giorno in cui ella, per il suo matrimonio, era divenuta Principessa ereditaria. Il marchese, per la lunga consuetudine e per le doti del carattere e della mente, era divenuto un vero amico della Regina, con la quale divideva il gusto per le arti e specialmente per la musica, di cui era profondo cultore, tanto che l’Istituto di Santa Cecilia avevalo per presidente.

Era un uomo eccellente e colto e sotto ogni aspetto aveva saputo per modo meritarsi la stima dei Sovrani, che quasi non si moveva foglia nei palazzi reali, senza averlo prima interrogato.

Il quella occasione soltanto, e credo per la prima volta, la marchesa di Villamarina prese un congedo e si allontano per alcuni mesi dalla Regina, che aveva pianto con lei la dolorosa perdita.

Alla fine di maggio il Consiglio Comunale, che aveva lungamente ondeggiato fra l’applicazione della tassa di fuocatico o di famiglia, votò quest’ultima, sperandone un sollievo per il bilancio.

Verso lo stesso tempo il Papa pronunziò una notevole enciclica sulla questione sociale e in essa mostrò veramente elevatezza di mente e sentimenti di carità. Egli tenne pure un concistoro nel quale creò cardinali monsignor Gruscka, principe-arcivescovo di Vienna, e monsignor Rotelli, nunzio a Parigi. Quest’ultimo visse soltanto pochi mesi dopo la sua elevazione alla porpora.

Il giorno dello Statuto il Re andò alla Consolazione a consegnare al capitano Spaccamela e al caporale Cattaneo la medaglia d’oro al valor militare. Tutti e due, mercè le cure dei sanitari dell’ospedale, si erano alquanto rimessi dalle terribili ferite. Il Cattaneo era quasi inconscio dell’atto valoroso compiuto con pericolo della vita. Il poveretto stava ancora adagiato sulla poltrona dalla quale non poteva alzarsi ed era confuso di rimaner seduto alla presenza del suo Sovrano. Il Re gli disse che facevasi interprete dell’ammirazione dell’esercito e della patria, consegnandogli il premio dei valorosi.

Il giovane caporale balbettò un ringraziamento e quando il Re uscì, egli, più che mai confuso, disse: «Addio, signora Maestà!»

Ai feriti e alle famiglie delle vittime il Re fece una generosa elargizione di danaro, e al giovane caporale storpio provvide assicurandogli un posto di custode nella Reggia di Torino.

Cattaneo e Spaccamela prima di partire da Roma ebbero banchetti dai loro compaesani e dagli ufficiali e furono calorosamente festeggiati.