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La folla scoppiò in unanimi applausi, che si convertirono in fischi appena che il Moschini, altro operaio, volle consigliare la calma. I cavalleggeri, che erano scesi da cavallo, a questo punto, sentendo ripetutamente gridare: «Viva la rivoluzione!», salirono in sella.

Amilcare Cipriani prese la parola per raccomandare la calma:

«Lavoratori, — egli gridò — oggi in questa piazza, circondati dalle baionette del dispotismo, ci siamo riuniti per proclamare insieme ai nostri fratelli del mondo intero la rivendicazione dei nostri diritti, l’emancipazione del lavoro».

È ora di finirla — urlano dalla folla

«Qui convenuti, — continuò — l’oratore animati da una stessa fede, provate, con la presente manifestazione, a coloro che sono al potere, ai padroni, ai capitalisti, che se domani vorrete, sarete i padroni della intera umanità! Oggi siete chiamati a provare quanti siete di numero e quanto tolleranti. Quando sarete stanchi, questa gente pasciuta dovrà cedere dinanzi a voi per amore o per forza».

Il Cipriani concluse così il suo discorso, che parve moderato in confronto degli altri:

«Sentite un uomo che non vi ha mai tradito. Organizzatevi e faremo facilmente sparire la microscopica falange dei neutri pasciuti. Se oggi siete venuti qui inermi, preparatevi a venirvi un’altra volta non con bandiere inutili, ma con qualche altra cosa fra le mani».

L’eccitamento degli animi, dopo questi discorsi, che nessun delegato aveva ordine di far cessare, cresceva sempre fino a divenir frenesia. Un giovane operaio spinse la sua bella moglie, certa Elena Melinelli, sul palco affinchè parlasse, ma essa non seppe emettere altro che un: «Evviva la rivoluzione!» e si ritirò impaurita dagli urli.

Dopo poche parole, pronunziate da due operai, salì la tribuna l’anarchico Venerio Landi: Qualunque momento è buono egli disse per misurare le nostre forze. L’organizzazione è impossibile ad ottenersi e vano sperarlo. Andiamoci a misurare oggi, domani, quando volete!»

«Oggi! oggi!» grida la folla.

«E sia!» urlò il Landi, e fece per iscendere dal palco, mentre la folla alzava le mani urlando. L’ispettore Marchionni a questo punto fece squillare la tromba c ordinò lo scioglimento del Comizio. Tutti si davano a fuggire, il gruppo delle bandiere si sparpagliò, le bandiere furono strappate dall’asta, e intorno i soldati serravano le file; i bersaglieri scaglionati nella piazza si uniscono, formano due linee verso S. Croce in Gerusalemme, e si avanzano a passo di carica verso la folla. A un tratto però si fermano per lasciare il passo a due squadroni di cavalleria Foggia, che si avanzavano a mezzo galoppo.

Tutti fuggivano, una parte della folla si riversava nella strada interna delle mura, un’altra invadeva il palco della presidenza, e intanto le linee dei soldati si stringevano sempre più.

La guardia Raco cade uccisa da una pugnalata. Amilcare Cipriani si getta sui carabinieri che facevano la guardia attorno al palco e ne afferra uno per il bavero; quegli volgendosi lo ferisce; ovunque s’impegnano zuffe; i tumultuanti salgono sulle mura della città per evitare le cariche, e