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minile. Alla prima classe furono subito iscritte 17 bambine, e di anno in anno quel ginnasio ha preso sempre maggiore incremento.
Il 18 ottobre, dopo una lunga malattia, moriva a Spoleto il conte Pianciani, che aveva molto operato per la patria, ed era stato sindaco di Roma. La sua salma fu trasportata qua e accompagnata al Campo Verano dal Commissario regio, il quale pronunziò in onore del defunto un bel discorso, e da molta parte della cittadinanza e dai ministri. Per disposizione testamentaria, il corpo del Pianciani fu cremato al Pincetto e le ceneri raccolte in un urna.
Quasi nello stesso tempo mori pure il comm. Luigi Berti, direttore della pubblica sicurezza, che era stato il primo questore di Roma nel 1870. Anche a lui furono fatti funerali degni dell’alta carica che copriva.
In novembre, essendo le elezioni generali politiche fissate per il 23 di quel mese, non si parlava d’altro che di candidati e di discorsi elettorali. Il Presidente del Consiglio andò a Milano per incontrarsi col conte Caprivi, poi a Palermo, ove parlò brevemente senza far programma. Le idee sue rispetto al radicalismo e all’irredentismo avevale esposte nel discorso di Firenze. Completò il programma in quello che pronunziò a Torino il 12 novembre, e il discorso incusse nella parte moderata del paese nuova fiducia per l’uomo che ne dirigeva le sorti, e l’effetto prodotto dal discorso si vide nelle elezioni, dalle quali il partito ministeriale uscì rafforzato. A Roma era stata offerta la candidatura a don Leopoldo Torlonia, ma le dolorose condizioni di salute della moglie, consumata da una implacabile malattia, lo costrinsero a rifiutarla.
Guido Baccelli aveva fatto un bel discorso all’«Umberto I», durante un banchetto offertogli dagli elettori, e fu eletto primo, insieme col conte Pietro Antonelli, col Siacci e col Simonetti. Il Barzilai fu il deputato della minoranza. L’Odescalchi, il Montenovesi e il Coccapieller, riportarono pochi voti; il povero Checco, malato e sfatato, ne ebbe soltanto 785.
Subito dopo le elezioni comparve una lista di nuovi senatori, fra i quali il Morra di Lavriano, aiutante di campo del Principe di Napoli, il Chiaves, il Pugliese, il colonnello Taverna, il general Geymet, ma prima della seduta reale ne fu pubblicata un’altra di 75. In essa fu compreso Giosue Carducci, l’ambasciatore Nigra, e molte illustrazioni della scienza, come il Canizzaro, il Cappellini, il Blaserna, il Bizzozzero e il Morisani.
La vigilia della riapertura della Camera un decreto reale esonerava l’on. Giolitti dalla carica di ministro delle finanze, e con altro decreto veniva nominato a quel posto l’on. Bernardino Grimaldi. Dissensi col Finali per le spese del ministero dei Lavori Pubblici, avevano creato un dissidio nel seno del Gabinetto, che il Crispi, con misura draconiana, fece cessare.
Anche il Principe di Napoli, raggiunta la maggiore età, era stato iscritto nell’albo dei senatori, come il cugino Duca d’Aosta, e vi fu uno scambio di lettere cortesi fra il Presidente del Senato e il Principe Reale, il quale promosso pure colonnello del 1° fanteria, era andato a fissar dimora a Napoli, e prima aveva ricevuto dal 5° reggimento a Roma il dono del pennacchio di colonnello.
Il discorso reale fu giudicato bello, ma vago; in esso aveva parte maggiore il sentimento espresso in forma piuttosto rettorica, che non il programma dei lavori parlamentari.
A presidente della Camera fu rieletto il Biancheri con 364 voti. 90 furono dati al Giolitti ed ebbero il significato di protesta contro la sua destituzione.
Appena s’incominciarono i lavori parlamentari, l’on. Imbriani presentò una interpellanza sulla incostituzionalità della eliminazione del Seismit-Doda e del Giolitti dal Ministero, Il Presidente del