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conflitto fra i due rami del Parlamento e fra Senato e Governo; nonostante non fu così acerbo come si prevedeva, perchè prima che il famoso comma modificato tornasse alla Camera, fra la commissione che essa aveva nominato e il Governo erasi già stabilito un accordo. La Camera votò la modificazione e il Senato pure la sanci.

Il presidente del Consiglio mantenne la promessa fatta al sindaco e il 23 giugno presentava alla Camera il progetto governativo del concorso per Roma.

Quel disegno di legge stabiliva che ferme le leggi del 14 maggio 1881 e 8 luglio 1883 il Governo del Re avrebbe provveduto alla continuazione dei lavori del Policlinico, al proseguimento delle vie Cavour e Statuto fino a piazza Venezia, alla costruzione di due ponti, uno dei quali l’Umberto, con relativi accessi. A questa spesa lo Stato provvedeva con l’emissione di titoli speciali di rendita, ammortizzabili in 50 anni, come a quella per la sistemazione del Tevere. Nel decennio dal 1891 al 1900 lo Stato assumeva la riscossione non solo del dazio consumo governativo, ma anche dei dazi addizionali e comunali, e pagava alla città di Roma un correspettivo di 12,500,000 lire annue. Se detratte dal prodotto lordo le spese di amministrazione e l’annualità di 12,500,000 lire dovute al Comune fosse avanzata una somma superiore a L. 5,500,000, canone già spettante al Governo, sarebbe stato corrisposto al Comune di Roma una somma eguale ai quattro quinti della eccedenza. Sulla quota del dazio consumo spettante al Comune lo Stato avrebbe prelevato la somma occorrente per il pagamento degli interessi e l’ammortamento del prestito dei 150 milioni, contratto dal Comune e garantito dal Governo. Era continuato il pagamento della somma annua di 2,500,000 lire per il concorso dello Stato alle opere edilizie della capitale. I beni delle confraternite, delle congreghe, delle confraterie ecc. aventi sede in Roma, i lasciti, i legati e le Opere Pie e di culto, che non erano più rispondenti ai bisogni della popolazione, venivano indemaniati e destinati agli istituti di beneficenza, togliendo fino dal 1891 dal bilancio del Comune l’onere per detti istituti.

Il Comune di Roma, oltre il Bilancio straordinario doveva presentare ogni anno anche quello ordinario e il conto consuntivo al ministero dell’Interno, al quale spettava di vegliare affinchè venissero stanziati i fondi occorrenti ai servizi ed agli obblighi ordinari e straordinari, relativi ai lavori edilizi del piano regolatore.

Il progetto proponeva la creazione di un unico ufficio tecnico-amministrativo alla dipendenza del ministero dei lavori pubblici, per vegliare sulla esecuzione del piano regolatore edilizio, e sull’ufficio tecnico municipale.

Il Governo era inoltre autorizzato a fondere i diversi istituti della città di Roma per e la convalescenza degli infermi in un solo ente, con unica personalità giuridica e con patrimonio comune ed unica amministrazione soggetta alla legge sulle Opere Pie. Senza pregiudizio della precedente disposizione e prima anche che andasse in vigore, il Governo del Re era pure autorizzato a fondere, conservandone l’autonomia, l’Ospedale di Santo Spirito col Policlinico. Il termine stabilito dalla convenzione del 1883 era in facoltà del Governo di prorogarlo con regio decreto ad altri 20 anni.

Non si può dire quante proteste il progetto di legge suscitasse. Appena fu pubblicato, Giunta e Consiglio dettero le dimissioni, e nella seduta appunto in cui furono annunziate, l’aula severa del Campidoglio risuonò di alti gridi d’indignazione. L’on. Balestra si mostrò più inviperito di tutti i suoi colleghi, ed asserì che quel progetto era un marchio d’infamia per il municipio di Roma, e che bisognava combatterlo altrove.