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Augusto Silvestrelli dal 1886 era riuscito a portar le rendite dell’ospedale di S. Spirito da 63,000 lire a 600,000. Il Consiglio comunale gli votò una mozione per l’opera sua intelligente e benefica.
Il Governo era impensierito dello stato di Roma, e da molte parti venivagli il suggerimento di addossarsene l’amministrazione, ma l’on. Crispi, che prima aveva vagheggiata l’idea della Prefettura del Tevere, pareva l’avesse abbandonata. Però cercava di rialzare le sorti di Roma, e aveva dato ordine che si riprendessero i lavori delle fortificazioni per la somma di 2,500,000 lire.
Questi erano palliativi, e il male si era che la crisi non era circoscritta alla capitale, e con essa si propagava il germe del socialismo e della anarchia, che costringeva il Governo a prevenire i mali, e una volta avvenuti a reprimerli con misure energiche. Queste poi davano sempre luogo a interpellanze alla Camera.
La nuova legge comunale e provinciale, applicata fino dal 1889, aveva fatto cadere alcune amministrazioni comunali nelle mani dei partiti estremi e il Governo era costretto a scioglierle. Dopo lo scioglimento dei Consigli comunali di Terni e Coppara per la commemorazione dell’Oberdank furono presentate interpellanze al Presidente del Consiglio dagli on. Ettore Ferrari ed Imbriani. Questi attaccò vivacemente il Crispi per quello scioglimento e per la proibizione di commemorare Mazzini a Livorno; il Crispi, offeso, uscì dall’aula di Montecitorio. L’atto del Presidente dei Consiglio era un biasimo per la poca energia con cui il Biancheri aveva diretta la discussione. Il Presidente così lo interpretò e si dimise. La lettera con cui annunziava le dimissioni fu letta dal vice-presidente di Rudinì. Il Crispi subito si alzò pregando la Camera di non accettarle; gli on. Imbriani e Mordini si associarono a quella proposta, e la Camera respinse la proposta all’unanimità. Al ricomparire del Biancheri nell’aula, il giorno successivo, venne accolto da così lunghi applausi, che lo indussero a ringraziare la Camera per la benevolenza dimostratagli.
Dopo la morte del Duca d’Aosta la Camera e il Senato votarono che l’appannaggio del defunto Principe fosse continuato al figlio Emanuele Filiberto, che lasciando il titolo di Duca delle Puglie, aveva preso quello portato dal padre. Il nuovo Duca d’Aosta, avendo raggiunto la maggiore età, fu creato senatore, e il presidente Farini gli partecipò questa nomina.
La Camera aveva voluto onorare la memoria di Benedetto Cairoli votando 30,000 lire per un sepolcreto destinato a lui e ai prodi fratelli da erigersi a Groppello, e dopo approvava la spesa di 100,000 lire per il monumento a Mazzini a Roma. Per il sepolcro del Cairoli, il Re, che aveva inviato già 60,000 lire ai poveri di Torino dopo la morte dell’amato fratello, concorse per 10,000 lire.
Nonostante le interpellanze molto frequenti la Camera lavorò indefessamente. Essa discusse e approvò la modificazione sulla circoscrizione giudiziaria, che aboliva molte preture, il progetto di legge sulle promozioni della magistratura, approvò pure 4,610,000 lire per saldo di maggiori spese già fatte per l’Africa, il reparto del numero dei deputati reso necessario dall’aumento della popolazione, e l’estensione delle leggi del Regno alla Colonia Eritrea. Discusse e votò pure la creazione del nuovo titolo di rendita per pagare le spese delle costruzioni ferroviarie, il nuovo credito di 10,600,000 lire per le spese dell’esercito e di 5,000,000 per quelle della marina, e 17 milioni e mezzo per la polvere senza fumo. Il Governo, su tutte queste proposte di legge, aveva sempre una bella maggioranza, e i voti contrari oscillavano fra 48 e 53, segno certo che non aumentava l’opposizione con le defezioni nel partito ministeriale.
In quell’anno festeggiavasi il centenario della brigata Aosta. Una deputazione di ufficiali, guidata dal generale Mocenni, che al corona