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Il 1890.
Le disgrazie non vanno mai sole, dice un proverbio più che popolare; e il principio del 1890 potrebbe essere una nuova e triste illustrazione di questo detto. I lutti successero ai lutti con una rapidità spaventosa, e l’Italia si vide orbata da buoni amici e da cari figli.
Il 7 gennaio una doppia morte venne ad addolorare la Corte: a Berlino, nel castello imperiale, circondata da tre generazioni, moriva S. M. l’Imperatrice Augusta, vedova del glorioso Guglielmo I; a Roma nel palazzo del Quirinale si spengeva un fedele servo della Dinastia, il general Pasi, primo aiutante di S. M. il Re. Per la morte dell’Imperatrice Augusta la Corte prese un lutto ufficiale di 30 giorni; la perdita del Pasi fu un profondo dolore per i Sovrani, che sapevano di potere fermamente contare su quel coraggioso soldato, della cui fedeltà avevano avuto prove non dubbie.
Il 17 spirava pure il marchese Origo, gran scudiere di S. M. il Re, e questa nuova perdita venne a rendere più profondo il dolore della Corte, che giustamente apprezzava il nobile defunto.
Il 18 si sparsero per la città notizie allarmanti sullo stato di salute di S. A. R. Amedeo d’Aosta, e la partenza improvvisa del Re per Torino venne a confermarle ed aumentare l’ansia del popolo, che temeva di perdere un caro principe. La sera del 18 a tardissima ora si sparse la nuova della morte del Duca, pochi però la seppero, e la mattina la maggioranza della popolazione si destò piena di speranza che il Principe potesse resistere al male: ma le bandiere a mezz’asta che sventolavano in cima agli edifici pubblici, tolsero ogni illusione, e Roma, e l’Italia piansero quel prode e generoso fratello del Re.
Il Principe reale che era partito per Napoli dopo aver rappresentato il Re ai funerali del ge-