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sul Comune di Roma. L’impressione che questo decreto produsse fu poco favorevole a tutti; amici e nemici del Ministero lo giudicarono un atto impolitico alla vigilia delle elezioni.
Dai voti del nuovo Consiglio Comunale riuscì eletto il comm. Armellini, ma egli, al pari della Giunta, sapeva bene che l’opera sua era paralizzata dalle condizioni anormali di Roma e sentiva sul capo la minaccia di uno scioglimento del Consiglio.
Il 21 novembre i Sovrani tornarono a Roma, e il 25 era solennemente aperta la IV sessione parlamentare. Il Re pronunziò un discorso abbastanza ottimista nel quale disse che l’opera della unità e delle libertà nazionali era grandemente consolidata, che l’Italia aveva fatto in 30 anni quello che presso gli altri popoli era stato opera di secoli. Egli parlò del commercio, e dell’industria, che miglioravano, poiché il paese usciva lentamente da una terribile crise. Accenno alle alleanze e alla pace, che sperava sarebbe pure mantenuta in Africa, in quel nero continente nel quale l’Italia, insieme con le altre nazioni, combatteva per estinguere quel vergognoso commercio degli schiavi, e terminò confidando nel senno della Camera.
Dopo le solite formalità e le elezioni della presidenza e degli uffici, la Camera cominciò le discussioni.
Il 27 Degiac Mackonnen era ricevuto in udienza di congedo dalle LL. MM. e il 2 dicembre si recava a Napoli per imbarcarsi. Makonnen portava nel suo bagaglio il famoso trattato di Uccialli ratificato a Monza dal Re e dall’on. Crispi. Accompagnavano il Degiac il conte Antonelli, il Salimbeni il dottor Nerazzini.
Nell’autunno era morto il cardinale Schiaffino a Subiaco, uno dei cardinali creduti papabili; ma il dolore che questa perdita procurò a Leone XIII fu lenita dall’arrivo di numerosissimi pellegrinaggi francesi.
Al palazzo delle Belle Arti furono esposti 49 bozzetti per il concorso del palazzo del parlamento. Nessuno fu riconosciuto degno di venire eseguito. Ai cinque migliori che erano quelli del Moretti, Bruggi, Sommaruga, Quaglia e Benvenuti, e Basile e Ristori venne assegnato un premio di 5000 lire; ai due del Manfredi e Magni, e Giampietro una menzione onorevole.
La Camera prese in esame il faticoso disegno di legge sulle Opere Pie e un altro egualmente arduo le s’imponeva; quello della riforma bancaria. Già le era stata presentata la proposta governativa per l’abolizione dei dazi differenziali con la Francia e nel vicino paese quella proposta aveva prodotto buon effetto.
Ma la rendita continuava il suo cammino discendente, e l’aggio saliva.
Un nuovo quartiere di Roma s’inaugurava avanti che il 1889 spirasse. Era il quartiere Ludovisi, costruito in gran parte a cura della Società Immobiliare. Mancavano peraltro fogne e marciapiedi, e il Comune non poteva mostrarsi sollecito ad intraprenderne la costruzione.
L’anno passato tristamente e dolorosamente, finiva più tristamente e dolorosamente di quel che era cominciato, e le speranze di tutti erano rivolte verso quello che sorgeva, e che tutti si auguravano migliore.