Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 408 — |
Il 31 marzo la Camera, su proposta del Presidente, si aggiornò fino al 1° maggio e si riaprì per discutere i bilanci, e continuò la discussione anche in assenza del Presidente del Consiglio, che accompagnò il Re e il Principe a Berlino.
S. M. e S. A. R. partirono il 19 per la Germania e giunsero nella capitale il 21, ricevuti con grandissimo entusiasmo, e rimasero a Berlino fino al 26, sempre festeggiatissimi, occupati in ricevimenti, riviste, pranzi, rappresentazioni all’Opera, concerti, visite, e partirono commossi dell’accoglienza avuta, e della quale non si stancavano di ringraziare tutti i tedeschi che li avvicinavano.
S. E. Crispi tornò il 28, mentre il Re ed il Principe non furono a Roma che il 1° giugno, accolti da una dimostrazione d’affetto veramente degna della capitale.
Già dall’anno prima era stato un affaccendarsi, un discutere del monumento a Giordano Bruno, e ora che ci si avvicinava al giorno dell’inaugurazione le discussioni divenivano più animate, le polemiche più aspre.
L’on. Baccarini domandò al Presidente della Camera se questa sarebbe stata rappresentata all’inaugurazione del monumento al filosofo di Nola, e benchè il Governo non vi prendesse parte ufficialmente, la Camera stabilì di farvisi rappresentare.
Il Sindaco promise pure al Comitato d’intervenire all’inaugurazione, ma questa promessa non piacque al Vespignani, che, la sera del 6, in Consiglio, disse:
«Sono dispiacente di prender la parola sopra una questione che il collega Baccarini qualificò in Parlamento molesta. Ma, pur non entrando nel merito, sento il dovere di biasimare la deliberazione del Sindaco. La quale è una atroce offesa ai sentimenti della maggioranza dei cittadini, costituisce un insulto al Sommo Pontefice, che una legge dichiara inviolabile, conculca quella stessa libertà, in nome della quale si dice inaugurare il monumento».
Protestò a nome dei suoi elettori, e a nome «di quegli stessi elettori, senza l’ingenuo suffragio dei quali, ella, signor marchese, non avrebbe l’onore di appartenere a questo consesso»; disse che il Sindaco avrebbe dovuto essere più circonspetto «dal momento che egli non romano. .....» Guiccioli lo richiamò, con severe parole, a un linguaggio più moderato, e disse che se egli credeva che la Giunta avesse fallato, la legge gli dava maniera di avere soddisfazioni.
Baccelli fu dispiacente che si riaprisse la questione su Giordano Bruno, disse che questa inaugurazione non era un’offesa a nessuno, ma semplicemente un omaggio al libero pensiero. Parlando della romanità di Guiccioli aggiunse: «Le parole romano de Roma sono parole da sagrestia».
Giovagnoli parlò pure in difesa dell’operato del Sindaco, e l’incidente si chiuse, senza che il Vespignani presentasse nessuna mozione.
Il dì 8 luglio giunsero a Roma le rappresentanze delle università italiane ed estere, dei comuni e delle società che avevano aderito all’invito del Comitato per il monumento a Giordano Bruno, e il 9 era solennemente inaugurato questo monumento scolpito da Ettore Ferrari che aveva dato tanto da fare e da dire.
Il corteo, veramente imponente, percorse, partendo dall’Esedra di Termini, via Nazionale, piazza Venezia, via del Plebiscito, il corso Vittorio Emanuele e via dei Baullari, e alle 10.30 giungeva sulla piazza di Campo di Fiori. Alle 11, tra un silenzio religioso, cadeva il lenzuolo che copriva la statua, e un evviva entusiastico esciva dalle bocche dei presenti. L’avv. Basso, rappresentante il Comitato universitario, prese allora la parola per ricordare gli sforzi fatti e le difficoltà superate per erigere quel monumento, che consegnò al Sindaco, dicendo: