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Il 23 una folla si accalcava alle porte del Gesù: il cardinal Lavigerie, il celebre anti-schiavista vi teneva una conferenza sulla schiavitù, conferenza che commosse l’uditorio, più di quel che forse non fecero le parole che il Papa rivolse ai membri del Sacro Collegio, che gli recavano gli augurii per le feste.
Leone XIII protestò contro quelle leggi dannose agli interessi e alla dignità della Chiesa, quali il nuovo codice penale, la trasformazione del Collegio Asiatico di Napoli, la legge delle opere Pie ecc. ecc.
«Le imprese più meritevoli di essere sostenute per onore dell’umanità e della civiltà, come quella contro la schiavitù, le vediamo sospettate e meno favorite, per questo solo che sono promosse dalla Chiesa e dal Pontefice».
Soggiunse che all’Italia non era indifferente il papato, anzi aveva dato prove di grande devozione nelle dimostrazioni fatte al Pontefice durante l’anno che stava per spirare, e che spirando lasciava le condizioni del papato molto peggiorate.
Si era alla vigilia d’una discussione sui provvedimenti finanziari, quando una delle colonne del gabinetto Crispi venne a mancare. Agostino Magliani si dimise, e questa crisi scosse l’autorità di quel Ministero, poiché chi ne prese il posto, benchè fosse un uomo che rese seri servigi alla patria, non era all’altezza del difficile e doloroso compito di riordinare le finanze, rovinate dagli armamenti. Bernardino Grimaldi abbandonò il portafoglio del Tesoro per quello delle Finanze e fu sostituto dal Perazzi, e i due ministri giurarono nelle mani del Re l’ultimo dell’anno.
Il 1888 era cominciato con una Messa d’oro e fini con un solenne Te Deum, che chiuse l’anno giubilare, e che fu cantato in S. Pietro alla presenza di Leone XIII, della Corte pontificia, del corpo diplomatico, dell’aristocrazia nera, e d’una quantità di monache, preti, seminaristi e pellegrini.