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Erano ad attendere S. M. I., il Re, il Principe di Napoli, i duchi d’Aosta e di Genova, i Presidenti del Senato e della Camera e tutte le autorità. Il treno giunse alle 4,10 pom., e l’Imperatore ne scese quasi subito per gettarsi nelle braccia del Re, che baciò ripetutamente; strinse poi la mano ai Principi, all’on. Crispi e ai presenti che conosceva. Dopo aver passata in rivista la compagnia d’onore, e dopo le presentazioni, i due Sovrani salirono nelle carrozze di Corte.
Che cosa fosse il percorso dalla stazione alla Reggia, quale l’entusiasmo col quale il giovane Imperatore venne accolto nell’eterna città è difficile ridirlo, è difficile descriverlo. Guglielmo di Hohenzollern ne fu vivamente commosso, e mostrò la sua commozione al Sindaco pregandolo di ringraziare Roma.
Al Quirinale attendevano i due ospiti S. M. la Regina, le principesse Laetitia, Elisabetta e Isabella, circondate dalle dame e dai gentiluomini, e dalle autorità che non erano andate alla stazione,
Dopo le presentazioni, e dopo essersi affacciati al balcone del Quirinale per ringraziare il popolo plaudente, l’Imperatore di Germania e il principe Enrico si ritirarono nei loro appartamenti.
La sera, mentre a Corte aveva luogo un pranzo di famiglia, il ff. di Sindaco, ubbidendo all’incarico ricevuto dal Sovrano tedesco, faceva affiggere il seguente manifesto:
- «Cittadini,
«S. M. l’imperatore Guglielmo, profondamente commosso per la unanime testimonianza d’affetto ricevuta al suo arrivo a Roma, mi ha onorato dell’incarico di far conoscere all’intera cittadinanza quanto la Maestà Sua abbia gradito così spontanea ed imponente dimostrazione.
«Roma, anche in questo, si è mostrata pari alla sua fama, e degna della missione che l’Italia le ha affidata.
«ff. di Sindaco |
L’Imperatore, benchè ospite del nostro Re, aveva stabilito di visitare Leone XIII, e la visita era stata accettata. In quella occasione si creò una specie di cerimoniale per le visite dei sovrani stranieri al Papa, abitanti al Quirinale.
Guglielmo II, la mattina del giorno 12, andò in carrozza di Corte, insieme col fratello, alla Legazione di Prussia, che era nel palazzo Capranica, accanto al teatro Valle, e accettò una colazione romanesca, annaffiata da squisiti vini dei castelli, offertagli dai ministro von Schloezer, e preparata esclusivamente da una cuoca romana. L’Imperatore era allegrissimo, e il tramontano pungente che soffiava in quei giorni gli aveva dato eccellente appetito, cosicchè fece onore alle pietanze e ai vini del suo anfitrione. Alla colazione assistevano, oltre il principe Enrico e i personaggi del seguito, anche i cardinali Rampolla e Hohenlohe e i monsignori Mocenni e de Montel.
All’una e mezzo circa l’Imperatore salì, insieme col signor von Schloezer, in una victoria scura tirata da quattro cavalli morelli montati da postiglioni e preceduti da battistrada, e si diresse al Vaticano. La carrozza dell’Imperatore e quelle del seguito erano venute da Berlino.
I soldati facevano ala su tutta la via fino a Santa Marta. L’Imperatore fu ricevuto in Vaticano con onori sovrani, e il Papa gli mosse incontro fino sul limitare della sala del Trono.
Guglielmo II e Leone XIII rimasero soli a parlare circa un quarto d’ora. Si dice che l’Imperatore, prevedendo che il Papa avrebbe toccato la quistione del potere temporale, avesse dato ordine al fratello d’interrompere il colloquio dopo un quarto d’ora. È un fatto che il principe Enrico, trascorso quel tempo, toccò la maniglia della porta, senza rispetto per l’etichetta; l’Imperatore,
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