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nuovamente dicendo che sperava che il contenuto della precedente lettera fosse buono, diceva che doveva essere stato telegrafato al caro e lodato Umberto I, re d’Italia, ed egli aspettava una sollecita risposta.
Il generale rispose con una lettera che conteneva le condizioni di pace, che il Crispi aveva comunicate a Londra col suo telegramma del 29 ottobre e il Negus, ricevutala, scriveva al San Marzano:
«Ho ricevuto la lettera scritta al campo di Saati li 20 maggabit. Ho creduto che la riconciliazione potesse avverarsi, come prima ci siamo riconciliati cogli inglesi e cogli egiziani.
«Avevo scritto una lettera amichevole per mettere d’accordo i cuori.
«Perchè sono state abbandonate le condizioni di prima?
«Cosa potrebbe ora metterci d’accordo? Cristo non ha ripartito e conciliato? Il vostro paese è dal mare sino a Roma; il mio è dal mare sino quà, cioè all’Etiopia, e non vi è alcun motivo di questionarci. Di più come potrei scrivere, sigillare e concedere i paesi che i re miei avi governarono?
«Cristo li diede a me. Dove dobbiamo incontrarci perchè il sangue cristiano sia sparso? Io mi trovo in un posto e voi altri in un altro; che cosa ci può fare incontrare? E però da quest’ora non verrà più da voi il mio messo, e che il vostro non venga più da me.
«Scritto dal campo il 23 maggabit».
Tale era il contenuto del libro verde del 1° maggio e la discussione fu iniziata alla Camera il 3 con un’interpellanza dell’on. De Renzis, alla quale risposero il Crispi e il Bertolė-Viale con due discorsi che destarono l’approvazione della Camera.
«L’on. De Renzis, ha domandato quali siano le intenzioni del Governo per l’avvenire. Risulta dai documenti e dalle dichiarazioni del ministro della guerra che Massaua non può tenersi senza Saati. Si resterà quindi a Saati, e per la zona al di là di Saati che fu chiesta al Negus, il Governo persiste nei crederla necessaria e confida che perseverando si giungerà ad averla. L’Italia è andata a Massaua nell’interesse della civiltà e per non lasciare che altri paesi occupassero quelle posizioni.
«Il Mar Rosso sarà sempre la gran via delle comunicazioni con l’Asia, è importante che l’Italia vi mantenga il posto che vi ha preso a prezzo di tanti sagrifici, di sangue e di danaro.
«È tempo che la questione dei possedimenti africani sia una volta per sempre chiaramente risoluta dalla Camera».
Cosi diceva il Crispi esponendo brevemente il programma del Governo circa l’Africa, e la discussione della politica africana finiva dopo un secondo discorso Crispi, il 12 maggio, con un ordine del giorno Finocchiaro-Aprile di lode per la condotta del Governo, che fu approvato a grandissima maggioranza.
Il 27 maggio, discutendosi il bilancio di grazia e giustizia, fu principiata alla Camera la discussione del nuovo codice penale Zanardelli.
Molti parlarono sul codice, e furono più di quaranta gli oratori, e il 10 giugno, esaurita la discussione, si passò alla votazione, sella quale vi fu una maggioranza di 178 voti.
Il dopopranzo del 6 giugno il Re inaugurava in forma semplicissima il nuovo ponte Garibaldi.
Il 10 i Sovrani insieme col Principe di Napoli partirono nuovamente per Bologna, per assistere all’VIII centenario di quello Studio, ove l’accoglienza che ebbero fu davvero entusiastica. Il 15 all’alba la Regina e il Principe di Napoli erano di ritorno alla capitale, e il Re giungeva a Monza.
Le notizie che arrivavano ogni giorno dalla Germania sulla salute dell’imperatore Federico III erano sempre più inquietanti, ma nessuno prevedeva che la catastrofe fosse così prossima, come fu.