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Il 16 il Re inaugurò la 2ª sessione della XVI legislatura con un discorso che conteneva un affettuoso saluto ai soldati d’Africa.

L’on. Biancheri fu rieletto presidente della Camera e il Re nominò l’on. Farini presidente del Senato.

Alla Camera l’on. Biancheri fece una commovente commemorazione ad Agostino Depretis, più come antico amico, che come uomo di Stato. La Camera nella prima seduta voto, su proposta dell’on. Cavallotti, di porre il busto del Depretis nella sala della presidenza, d’inviare una corona bronzea sulla tomba di lui, di presentare alla vedova le condoglianze, di raccogliere e stampare tutti i discorsi che aveva pronunziato in Parlamento, e di sospendere la seduta in segno di lutto. La Camera in quel giorno votò pure un saluto al corpo d’Africa.

Fu fatta anche in Senato dall’on. Farini la commemorazione del Depretis con quel garbo che il presidente della Camera vitalizia sa usar sempre.

Il Governo presentò subito il progetto di legge sui ministeri, quello di modificazione alla legge comunale e provinciale, l’altro di ordinamento degli istituti di emissione, uno per la revisione della rendita sui fabbricati e per il riordinamento dei locali.

L’on. Crispi, appena ripresi i lavori parlamentari, convocò la maggioranza esponendole che le leggi presentate contenevano il programma del gabinetto. Egli soggiunse che reputava urgenti la questione finanziaria, la ferroviaria e quella del codice penale.

Senza indugio l’on. presidente del Consiglio presentò all’esame della Camera il progetto di legge per la modificazione del Consiglio di Stato e il Codice sanitario, mentre dal canto suo l’on. Zanardelli presentava il progetto per l’abolizione dei tribunali di commercio.

La Camera votò subito l’istituzione di una scuola normale di ginnastica a Roma, e prese ad esaminare un progetto di legge per la conservazione dei monumenti e degli oggetti d’arte, mentre il Senato occupavasi della riforma degli istituti di emissione, e in special maniera della eccedenza della circolazione cartacea.

Già si faceva sentire il disagio finanziario, il cambio era salito al 3% e il Governo doveva chiedere un nuovo catenaccio sugli zuccheri in attesa che la tassa fosse approvata.

A Roma erano cessati molti lavori privati, perché le banche restringevano i crediti ai costruttori e vi erano non pochi disoccupati. Questi avevano indetto un comizio al Circo Reale, che doveva esser presieduto da Ricciotti Garibaldi. Prima che il comizio si riunisse, il Circo fu invaso dai socialisti romagnoli, capitanati da Andrea Costa, e la loro presenza, mentre impedì le deliberazioni, fece nascere un gran baccano. L’on. Coccapieller aveva già presentato una interpellanza sulla crise edilizia e un’altra ne presentò Ricciotti Garibaldi subito dopo quel fatto. Il ministro Grimaldi risposegli che aveva cercato di dare tutto lo svolgimento possibile alle operazioni di credito fondiario e si era astenuto anche dall’imporre alle banche di emissione di ridurre la circolazione a parità di riserva di oltre 30 milioni.

Il presidente del Consiglio negò che la crise edilizia fosse grave come si voleva fare apparire, e non tacque che vi erano mestatori, che ubbidendo a fini nascosti, cercavano di sobillare gli operai. L’on. Costa capi l’allusione, e si risenti vivamente.

Alla Camera fu agitata anche la questione della politica ecclesiastica. L’on. Bonghi interrogó il Governo se non giudicava incriminabili le lettere dei vescovi e le petizioni che si facevano sottoscrivere per la restituzione al Papa del potere temporale. Il ministro di grazia e giustizia risposegli che tutti i magistrati avevano dichiarato non incriminabili le petizioni dei cattolici e le lettere epi-