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bilant, non per animosità verso il signor di Keudell, ma soltanto per rialzare il prestigio dei nostri ambasciatori all’estero, i quali per il passato erano stati esclusi dalle trattative diplomatiche, che si facevano direttamente fra il ministro degli esteri e gli ambasciatori delle potenze a Roma, avesse dato incarico al conte di Launay, ambasciatore a Berlino, di trattare con la cancelleria germanica. Il signor di Keudell si mostrò offeso di questa esclusione e dette le sue dimissioni, che furono accettate a Berlino, e presentò al Re le sue lettere di richiamo.

L’ambasciatore era un vero amico della famiglia reale, e al Quirinale fu deplorata la sua partenza. Egli si recava spessissimo a Corte, specialmente dalla Regina, e la signora di Keudell, che era musicista insigne, soleva quasi ogni giorno, nei mesi in cui la Sovrana aveva minori occupazioni, andare dalle 2 alle 4 al Quirinale per suonare insieme con Margherita di Savoia.

I Sovrani dettero all’ambasciatore, prima che partisse, un gran pranzo. Per alcuni mesi nessuno fu nominato al posto del signor di Keudell, finalmente venne mandato a Roma il conte di Solms, che era prima a Madrid: altro personaggio simpatico ai romani e innamorato dell’Italia.

Il quell’anno il vecchio imperatore di Germania celebrava il 91° anniversario della sua nascita, e il Re mandò a felicitarlo il principe Amedeo, e il Papa monsignor Galimberti. Il Duca d’Aosta, poco dopo, andò pure in Inghilterra latore degli augurii reali alla regina Vittoria per il suo 50° anniversario di regno.

Poco dopo venne a Roma il Duca d’Edimburgo e il Re gli conferì il collare dell’Annunziata.

In occasione dello Statuto s’inaugurò in piazza della Stazione l’obelisco eretto a cura del municipio in memoria dei morti di Dogali; fu scoperta la lapide commemorativa di quel fatto in Campidoglio, e il Sindaco spedì un saluto ai soldati d’Africa. Alla inaugurazione dell’obelisco si era voluto, con gentile pensiero, che assistessero i superstiti dell’infausto scontro. I Sovrani riceverono quei prodi, alcuni dei quali erano deturpati da orribili ferite, nel giardino del Quirinale, e parlarono con tutti, informandosi, commossi, della parte che avevano presa al combattimento, e del modo con cui erano riusciti a salvarsi. Il Re e la Regina specialmente si trattennero a conversare col capitano Michelini, scampato miracolosamente all’eccidio, e la Regina, commossa, si asciugava continuamente le lacrime al racconto di tante sventure.

Il Re in occasione dello Statuto accordò una aministia ai renitenti alla leva e ad altri, e conferì il collare dell’Annunziata all’on. Cairoli, a monsignor Colobiana arcivescovo di Milano, al generale Durando presidente del Senato, e al general Pianell.

Quell’anno la girandola non fu più fatta a Castel Sant’Angelo, perché una commissione tecnica aveva dato parere contrario, assicurando che l’edifizio soffriva per le scosse che gl’imprimevano gli scoppi dei fuochi artificiali.

Pochi giorni prima della festa nazionale fu inaugurato l’Acquario in piazza Manfredo Fanti. Parve allora una gran bella cosa e si sperò che quella stazione di piscicultura potesse riuscire utile, e divenire un centro di ritrovo per il pubblico romano, come è per Berlino il suo bellissimo acquario. Ma le speranze rimasero presto deluse e quell’istituto condusse per un certo tempo vita stentata, finché non si chiuse.

Il giorno 10 giugno alla Camera il Bovio interrogò il Governo se era vero che esso cercava di concludere una conciliazione con la Santa Sede. Lo Zanardelli, con parola temperata rispose facendo capire che il Ministero era animato da spirito di tolleranza, e che non avrebbe continuato la politica del Taiani; l’on. Crispi, che già era l’anima del Governo, perché il Depretis malatissimo non la-