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unanimità, e su proposta Cavalletto-Cairoli, esse furono respinte. Il Depretis comunicó al Senato e alla Camera la costituzione del Gabinetto, e subito dopo annunziò nuove spese militari e ferroviarie con la sicurezza imperturbabile che sarebbero state approvate.
L’on. Guido Baccelli presentò intanto alla Camera il suo progetto sulla passeggiata archeologica, e dopo averlo svolto pregò la Camera di prenderlo in considerazione.
Già era stato attivato il cavo telegrafico da Massaua a Assab e da Assab a Perim, così il paese si sentiva meno separato dalla nuova colonia. Con decreto reale erano stati riuniti al ministero della guerra tutti i servizi d’Africa, e con i nuovi rinforzi spediti al mar Rosso vi era minor ragione di trepidare per i nostri lontani soldati.
I lavori parlamentari, dopo la costituzione del ministero, non procederono spediti. La Camera il tempo di votare un monumento a Roma a Marco Minghetti, e di tenere poche sedute prima delle feste di Venezia e di Firenze, ove si recarono i Sovrani, accompagnati dai ministri Crispi e Brin. Nella prima città s’inaugurava il monumento a Vittorio Emanuele, modellato da Ettore Ferrari e fuso qui dal Nelli; a Firenze fu scoperta la facciata di Santa Maria del Fiore.
Il duca Torlonia aveva dato le dimissioni da deputato per dedicarsi interamente alle faccende municipali e subito era stato nominato sindaco. Nel suo collegio, rimasto vacante, si portarono candidati Pietro Venturi e Ricciotti Garibaldi; il secondo vinse e la sua elezione fu convalidata.
A metà di aprile fu dato anche a Roma, al Costanzi, l’Otello di Verdi, che già alla Scala a Milano aveva destato l’ammirazione di tutti i critici e di tutti i musicisti d’Italia accorsi là per sentire l’opera nuova. Interpreti furono Tamagno, Maurel e la Gabbi; l’orchestra era diretta da Faccio, e le rappresentazioni riuscirono bellissime. Il teatro Costanzi non accoglierà forse più un pubblico così intelligente come in quelle memorabili serate. Nel teatro non c’era un posto vuoto e l’opera destò qui una grande ammirazione, se non superiore, almeno eguale a quella destata a Milano. Era stato detto che Verdi sarebbe venuto a Roma, ma egli non intraprese allora il viaggio. Però Roma volle rendergli un meritato elogio, e il duca Torlonia, dopo la prima rappresentazione, telegrafava al maestro:
«Roma ammirando celestiale ispirazione musica Otello rende omaggio sommo maestro, personificazione genio, gloria risorgimento nazionale. La prego gradire riverente saluto capitale».
La predilezione che i romani avevano sempre avuta per l’Apollo, spinse il Consiglio comunale ad accordare a quel teatro, già condannato a perire sotto il piccone, un altr’anno di vita, mentre aveva votato 200,000 lire per i lavori dell’Argentina, che doveva diventare transitoriamente teatro massimo, finchè non fosse stato costruito il nuovo. All’Argentina già si lavorava alacremente dall’impresa Jonni, perchè essa doveva esser pronta per la stagione autunnale.
Nell’inverno era morto l’Hentzen, un tedesco molto amico dell’Italia, e che aveva dimora a Roma fino dal 1847. Egli era segretario dell’Istituto archeologico germanico e aveva speso l’esistenza a illustrare i nostri monumenti. Giovan Battista de’ Rossi propose in Consiglio che il busto di lui fosse posto nella sala dei fasti consolari e la proposta venne accettata. Il suo corpo fu tumulato nel cimitero del Testaccio, e gli scienziati specialmente ne deplorarono la perdita.
Un altro tedesco, anch’esso affezionato al nostro paese, venne a mancare a Roma. Intendo parlare del signor di Keudell, ambasciatore di Germania, decano del corpo diplomatico, figura popolarissima, che si vedeva sempre a cavallo nel seguito del nostro Re alle riviste militari, e il cui nome era stato sempre associato alle feste e ai dolori dell’Italia dopo che Roma era capitale.
Si vuole che nel rinnovare il trattato di alleanza con i due imperi centrali, il conte di Ro-