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Il 1886.


La spedizione Pozzolini — Sbarbaro, i discorsi e la Penna — La libertà di lui minacciata — La Camera concede di procedere contro di lui — La fuga di Sbarbaro e la Penna d’oro falso — Il Governo diminuisce il prezzo del sale — Il bilancio comunale per l’istruzione — L’Associazione della Stampa e il Re — La morte di Pietro Pericoli — Le cortesie fra la Germania e il Vaticano — La perequazione fondiaria alla Camera — Il pareggio andato in fumo — Lo scioglimento della Camera — Lavori e sventure — Critiche contro la nuova Roma — La morte di don Alessandro Torlonia — I tunerali ai SS. Apostoli — Il Papa investe del Toson d’Oro il Cardinal Jacobin — Si acuisce il dissidio fra la Santa Sede e l’Italia — Aste e costruzioni — Il matrimonio Torlonia-Belmonte — La lotta elettorale — I deputati di Roma — Sei mesi di esercizio provvisorio — Coccapieller deputato — Il Re gli fa la grazia — L’assoluzione dei fratelli Vecchi e del de Dorides — La fuga di Angelo Sommaruga — Il concorso per la statua equestre di Vittorio Emanuele — La politica ecclesiastica del Governo — L’ingrandimento di Roma — La commissione per il nuovo catasto — Il colera e la generosità del Re — L’inaugurazione del teatro Drammatico Nazionale — La commemorazione di Mentana — Le dimissioni del duca Torlonia — Il fatto Turi — Roma intangibile — La dimostrazione al Re — La morte di don Marcantonio Borghese e di altri patrizi — Il trattato di navigazione con la Francia — La riapertura della Camera e la sua inerzia — La morte di Marco Minghetti — Nuovi edifici scolastici e nuovi lavori — Lopez ricompare sulla scena della Corte d’Assise — Gli esami del Principe di Napoli.


Come in sul principio dell’anno precedente, così ai primi di gennaio del 1886, si faceva un gran parlare in Italia, e più specialmente a Roma, di una spedizione africana. Ma non era, come quella antecedente, una spedizione militare; si trattava di una missione diplomatica, guidata dal generale Giorgio Pozzolini, e della quale facevano parte il cav. Bardi, del ministero degli esteri, il viaggiatore Nerazzini, il tenente d’artiglieria Capacci, e il tenente Pennazzi. La missione doveva recarsi presso il Negus Giovanni per concludere un trattato di buon vicinato con l’Abissinia.

La missione partì da Napoli, andò a Massaua, ma non potè vedere il Negus, che si disse partito per reprimere una insurrezione ai confini dello Stato. Quando il ministro Robilant comunicò questa notizia alla Camera, essa non produsse buona impressione.

Sbarbaro, appena rimesso in libertà, aveva annunziato un mondo di cose: prima di tutto la pubblicazione della Penna, giornale che doveva continuare le tradizioni funeste delle Forche Caudine, poi un gran discorso agli elettori di Pavia, e una efficace operosità al Parlamento.

La Penna non usci il 3 gennaio, come egli aveva promesso, ma il 10 soltanto, e prima di fare il famoso discorso di Pavia pensò bene di andare nella nativa Savona, ove ebbe campo di parlare quanto volle, di darsi in pascolo alla curiosità dei suoi concittadini, di farsi baciare in pubblico dalla sua balia piangente, di proclamare là e a Pegli che al Governo del Re doveva essere posto il dilemma: «O giustizia o barricate». Poi fece il discorsone di Pavia, e qui centinaia di strilloni sparsero le innumerevoli copie del giornale di Sbarbaro. Ma nello stesso tempo il senatore di Falco,