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Il 1885.
Da più tempo, come ho accennato, il Paese e il Governo tenevano gli occhi rivolti all’Africa, dove gl’Inglesi si battevano, dove la Francia estendeva sempre più i suoi possessi e la sua influenza, dove la Germania intraprendeva la sua politica coloniale. Parve che la notizia dell’eccidio del Bianchi vincesse le titubanze del ministero. È un fatto che appena si conobbe quella notizia fu formato il primo corpo di spedizione, che dicevasi destinato ad Assab. Lo componevano: un battaglione di bersaglieri, comandato dal tenente colonnello Putti di Bologna e dai capitani Gardini, Vianelli, Rovida, e Garofolo; (i soldati erano stati estratti a sorte in diversi reggimenti); la prima compagnia del 17° artiglieria, con sei pezzi, comandata dal capitano Blasi; un plotone del genio costituito con elementi del 2° (zappatori) e del 3° reggimento (telegrafisti), comandato dal tenente Crociani; un drappello carabinieri, e un altro drappello per servizi di sanità e approvvigionamenti.
Il corpo era comandato dal colonnello Saletta, di stato maggiore, il quale aveva come ufficiale addetto al comando il capitano Pio Spaccamela.
La spedizione si formò a Napoli e i soldati tanto là, quanto nei paesi da cui partivano, erano salutati con vero entusiasmo. Essi pure erano lieti di far parte della impresa africana, e il miraggio dei lontani paesi e dei pericoli infiammava i loro animi giovanili.
Le truppe presero imbarco sulla corazzata «Principe Amedeo», sulla quale aveva issata bandiera di comando il vice-ammiraglio Bertelli, e sul piroscafo «Gottardo» della Navigazione Generale. Le navi che scortavano la spedizione erano: l’«Amerigo Vespucci», la «Garibaldi», la «Castelfidardo», il «Messaggero» e la «Vedetta». Sulla prima era imbarcato il Caimi che comandava la divisione.