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armi, magazzeni da polvere, tutti gli oggetti di spettanza governativa, saranno consegnati alle truppe di S. M. il Re d’Italia.
II. Tutta la guarnigione della piazza escirà cogli onori della guerra, con bandiera, in armi e bagaglio. Resi gli onori militari, deporranno le bandiere, le armi, ad eccezione degli ufficiali, i quali conserveranno la loro spada, cavalli e tutto ciò che loro appartiene. Esciranno prima le truppe straniere, e le altre in seguito, secondo il loro ordine di battaglia, colla sinistra in testa. L’uscita della guarnigione avrà luogo domattina alle 7.
III. Tutte le truppe straniere saranno sciolte e subito rimpatriate per cura del Governo italiano, mandandole fino da domani per ferrovia al confine del loro paese. Si lascia in facoltà del Governo di prendere o no in considerazione i diritti di pensione che potrebbero essere regolarmente stipulati col Governo pontificio.
IV. Le truppe indigene saranno costituite in deposito senz’armi, colle competenze che attualmente hanno, mentre è riserbato al Governo del Re di determinare sulla loro posizione futura.
V. Nella giornata di domani saranno inviate a Civitavecchia.
VI. Sarà nominata da ambe le parti una commissione composta di un ufficiale d’artiglieria, uno de! genie ed un funzionario d’intendenza per la consegna di cui all’articolo I.
Per la Piazza di Roma |
Per l'esercito italiano: |
Il Luogotenente Generale Comandante il 4. corpo d'esercito
R. Cadorna
Visto, notificato ed approvato;
Il generale Comandante le armi a Roma
Kanzler.
La mattina del 21 il generale Cadorna alla testa delle truppe scendeva da Porta Pia, e passando per le Quattro Fontane, Babbuino, Scrofa, San Luigi dei Francesi si recava a Porta San Pancrazio per rendere gli onori militari ai prigionieri prima della partenza. Erano con lui i generali Bixio, Masi, Corte, Chevilly, de Vecchi e Primerano. Una frazione della divisione Bixio era schierata lungo la strada che conduce a San Pancrazio. I generali si posero in un punto della via dove vi è un rientramento delle mura per assistere allo sfilamento. Sfilarono prima gli antiboini e si mostrarono i più indisciplinati; essi gridavano: «Vive Pie IX, au revoir!» Seguivano i cacciatori esteri e in vettura aperta giunsero Kanzler, Zappi e Calmi; poi venivano gli zuavi, comandati da! colonnello Charette. Questi era a cavallo e aveva l’aspetto baldanzoso di vincitore, portando eretta la bella testa bionda e il bel volto dai lunghi baffi. Egli e l’Alet abbassarono la sciabola quando furono dinanzi agli Italiani, e la tennero sempre ostentatamente abbassata. Gli zuavi però si condussero bene, alcuni erano baldanzosi, ma altri avvilitissimi. Venivano per ultimo le truppe indigene con otto cannoni e traini. Fra queste vi era il colonnello Azzanesi, che salutò gentilmente, e don Francesco Borghese, capitano dei dragoni, e il Boccanera. I gendarmi a piedi erano comandati dall’Elipi e dall’Evangelisti. Passata la porta San Pancrazio, deponevano le armi e consegnavano cannoni e cavalli. In quel punto si abbassava da Castel Sant’Angelo la bandiera papale. Tutti questi soldati, prima di partire, erano stati benedetti da Pio IX in piazza S. Pietro.
Mentre avveniva lo sfilamento, al general Cadorna si era avvicinato il signor Arnim, il quale a nome del corpo diplomatico, di cui era mandatario, chiedeva che nelle trattative della capitolazione, non ancora pubblicata, avessero ingerenza i rappresentanti delle nazioni estere, sotto pretesto che fra i soldati