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Il 1883.
Le stesse agitazioni, che avevano turbato la fine del 1882, tennero in ansia Roma al principio del nuovo anno, non perché si temesse che il Governo non fosse abbastanza forte per domare i moti, ma per le conseguenze che questi potevano avere.
Un certo Rigattieri, compositore della Riforma, andò il 4 gennaio a gridare: «Viva Oberdank!» davanti al portone del Palazzo di Venezia, e scaricò quattro colpi di revolver contro lo stemma dell’ambasciata, senza per altro colpirlo; arrestato emise altri gridi simili. Aveva un passato onesto, la perquisizione operata in casa sua non fece scoprire che egli avesse nessun complice. Questo risultato fece capire che la morte di Oberdank aveva suscitato anche in altri quella stessa indignazione che gli agitatori di professione destavano fra i soci dei loro circoli, mercé i discorsi e gli scritti. Dopo qualche tempo il Rigattieri fu condannato a tre anni di relegazione.
Sempre in sui primi del gennaio, il Circolo Democratico Universitario, che aveva sede in piazza Sciarra, nei locali della Società per i diritti dell’uomo, spedì un invito ai cittadini, firmato da Antonio Fratti, Vincenzo Fonte e Vittorio Paolini per assistere la sera del 7 alla inaugurazione del primo busto al martire Guglielmo Oberdank. Il procuratore del Re andò il 6 a sequestrare il busto e le carte, fece arrestare i tre promotori, e avvertì Parboni e Socci che se insistevano nel fare la commemorazione avrebbe fatto occupare la sala.
Nella notte Felice Albani modellò un altro busto, e, nonostante la sorveglianza, i soci della Democratica Universitaria entrarono alla spicciolata nella sede dell’Associazione e mentre le guardie e i delegati dalla piazza Sciarra erano pronti a reprimere una invasione nella casa, sentirono scoppiare di dentro un grande applauso, che avvertivali che già la commemorazione si faceva. Salirono