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Il 1882.
L’anno s’inaugurò col censimento della popolazione e gl’impiegati municipali ebbero un bel da fare perchè in moltissime case abitate da analfabeti dovettero riempire le schede. Queste servirono anche ai clericali come mezzo di protesta e non contentandosi di scrivere che erano nati a Roma, aggiungevano accanto al nome della città la qualifica di «pontificia». Dopo lungo attendere si conobbe il risultato del censimento. La popolazione ascendeva a più di 300,000 abitanti, cioè si notava nell’ultimo decennio un aumento di circa 70,000 abitanti. 134,156 erano nati in Roma, e 166,311 fuori. Soltanto 105,260 maschi e 69,725 femmine sapevano leggere e scrivere; poche migliaia leggere soltanto, il rimanente erano privi di qualsiasi cognizione. Nel complesso dunque vi erano 117,991 analfabeti, cifra spaventosa davvero. Le famiglie che costituivano la popolazione erano 53,235; esse abitavano 7145 case, ogni casa conteneva 7 famiglie e in media 38 persone. Case vuote ve ne erano 378 e in costruzione 76.
In quell’anno però il numero delle case in costruzione crebbe a dismisura; la febbre di edificare si manifestava in tutti, e anche i signori ne erano attaccati. Ne dette una prova don Maffeo Sciarra, il quale senza neppure attendere le risoluzioni del Consiglio comunale, prese a demolire quelle case dietro al suo palazzo, che dal vicolo Sciarra andavano fino al vecchio teatro Quirino, per inalzarvi invece case moderne. Sotto il piccone si vedevano rompere alla luce del sole e a quella delle torce a vento, perchè si lavorava giorno e notte, pezzi di parete, e tutte quelle case