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finì per fuori i quattrini e credo che sul debito delle 95,000 lire, ingrossate da tutti questi sborsi, abbia dovuto fare un crocione.

Per tre volte il Senato aveva bandito un concorso per le pitture a fresco della sala gialla e per le due prime nessuno dei bozzetti presentati era stato prescelto. La terza volta si presentarono al concorso i pittori Serra, Bruschi, d’Agostino, Mariani, Santi, Brugnoli e Cesare Maccari. Quest’ultimo raccolse i voti dei commissari giudicanti: Ussi, Bertini, Bompiani, Ratto, Barabino, Iacovacci, Masini, Monteverde, Costa, Perrini, e Tabarrivi, e al pittore senese fu affidato l’incarico di eseguire le pitture.

A deputato del 2" collegio, rimasto vacante per le dimissioni del Lorenzini, fu eletto don Augusto Ruspoli, nel 3" fu confermato con splendida votazione il ministro Guido Baccelli, che seppe meritarsi le lodi degli amici e degli avversari per la cura con cui seppe condurre i lavori d’isolamento del Pantheon.

Il Ministero si ripresentò alla Camera tal quale il 28 aprile e l’on. Cairoli espose come si era svolta la crise e aggiunse che ottenuto l’accordo della Sinistra, si volle evitare un cambiamento d’indirizzo nel Governo per non compromettere le riforme già in parte attuate.

Gli on. Zeppa e Odescalchi gli rammentarono che il 7 aveva avuto un voto di sfiducia, e in questo senso parlarono altri e proposero diversi ordini del giorno ostili. Il Governo accettò quello dell’on. Mancini che diceva: «La Camera, sollecita di compiere le iniziate riforme e prendendo atto della dichiarazione del ministero, passa all’ordine del giorno». La Camera era in quel giorno numerosissima. Infatti votarono per il ministero 262 deputati 146 si astennero dal votare.

Il giorno stesso i francesi occuparono Biserta. Questo fatto era un commento molto significativo alle parole pronunziate dal Cairoli, e poco dopo il Bey firmava il trattato del Bardo, funestissimo per l’Italia.

Il Ministero, senza condurre in porto la legge elettorale, dette le dimissioni, e al Sella fu affidato formale incarico di formare il Gabinetto, ed egli fece pratiche per mettere insieme un gabinetto di coalizione. Ma allora si vide lo stesso giochetto di un mese prima, le stesse trattative fra i cinque capi della Sinistra per concludere l’accordo, e diminuirono così per il Sella le probabilità di comporre il Gabinetto; tanto più che gli uomini di Sinistra che egli aveva scelti, volevano che fosse rispettata integralmente la legge elettorale con lo scrutinio di lista, cosicchè egli, il 20 maggio rassegnava nelle mani di Sua Maestà il mandato e questo era conferito all’on. Depretis, il quale prima della fine di maggio presentava al Re i nuovi ministri, che erano: l’on. Mancini agli esteri, l’on. Zanardelli alla grazia e giustizia, l’on. Berti all’agricoltura, l’on. Ferrero alla guerra. Ma il ministero era appena composto che il general Ferrero e l’on. Magliani davano le loro dimissioni perchè il Ferrero con una nota all’Italia Militare, aveva dimostrato la necessità di nuove spese. Questo dissidio fu composto e il Ministero presentavasi alla Camera il 2 giugno annunziando nuove spese straordinarie per l’esercito; in quel tempo fu ripresa la discussione della legge elettorale. Quando questa era quasi giunta in porto, ecco che avviene a Marsiglia la così detta «caccia agli italiani» e subito l’on. Massari presenta un’interpellanza al ministro degli esteri. Roma era turbata da quel fatto e tutti erano impazienti di conoscerne i particolari. Il Mancini rispose quello che già si sapeva, cioè che i soldati francesi reduci dalla Tunisia erano stati fischiati passando dinanzi al Circolo Italiano, il quale non aveva esposto la bandiera; che riteneva quei fischi rivolti al Circolo, ma la folla supponendo che di lì partissero, aveva inveito contro i nostri connazionali