Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 268 — |
tradurre in atto l’edificio destinato all’esposizione stabile di belle arti in Roma, mostrando piena fiducia che gli artisti sapranno in tal guisa tentare di ricondurre l’arte italiana alla sua gloria passata.
«I componenti l’Associazione, interpreti dei sentimenti di tutti gli artisti di Roma, delegano il socio Ettore Ferrari, in pubblica assemblea, ad esternare al signor Sindaco e a tutti i Consiglieri i più vivi ringraziamenti».
Il municipio incominciò i lavori di sterro per il palazzo, e siccome si riteneva che l’area non fosse sufficiente, il Re offri di cedere un pezzo di terreno attiguo di sua proprietà. L’appalto dei lavori fu dato al signor Jonni, abile costruttore.
Il 19 giugno vi fu a Roma un’altra festa, ma di carattere scientifico. Venne inaugurato l’ufficio centrale di meteorologia al Collegio Romano, e a quella festa intervennero il Presidente del Consiglio e i ministri Miceli e Acton. Naturalmente il ministro d’agricoltura tesse gli elogi del padre Secchi, fondatore dell’Istituto. Il prof. Tacchini aveva riordinato l’ufficio e ne era anche in in quel tempo direttore.
Anche gli Spagnuoli, pensionati dal Governo di Madrid, ebbero in quella estate del 1880 la loro Accademia. Col provento della vendita della chiesa di San Giacomo, a piazza Navona, il Governo di re Alfonso XII fece riattare il convento attiguo alla chiesa di San Pietro in Montorio, fondato da Isabella la Cattolica, e ridusse a giardino il declivio della collina fino alla via Garibaldi, migliorando molto quella passeggiata amenissima.
I rapporti fra il re Umberto e il principe Torlonia eransi mantenuti sempre cordialissini, e il Re, prima di partire da Roma nell’estate, faceva rimettere a don Alessandro Torlonia due grandi medaglie d’oro: la prima coniata per la morte di Vittorio Emanuele, la seconda in memoria della propria esaltazione al trono. Il conte Visone consegnò al principe Torlonia le due medaglie, insieme con una lettera cortesissima. Don Alessandro andò subito al Quirinale a ringraziare il Re. La visita durò lungo tempo e fu oltre ogni dire cordiale.
Il Re, in quell’anno, volendo dare incremento all’allevamento dei cavalli e alle corse di Roma, istituì il Derby Reale, assegnando 24,000 lire di premio al cavallo vincitore e 6000 per altra corsa. Subito si aprirono le iscrizioni delle cavalle che dovevano avere un redo dentro l’anno. Il primo Derby reale doveva esser corso nel 1884, perché l’età assegnata per i cavalli corridori era di tre anni. Il generoso premio del Re ha dato larghi frutti, e non solo da quel tempo si è curata maggiormente la razza equina, ma i cavalli italiani hanno incominciato a correre anche all’estero con profitto degli allevatori.
Dopo chiusa l’Esposizione di Torino, alla quale Ettore Ferrari aveva esposto il suo gruppo: Cum Spartaco pugnavit, che ebbe la medaglia d’oro, piovvero addosso all’artista due accuse di plagio, delle quali seppe lavarsi, ma che suscitarono fra gli artisti non pochi pettegolezzi. La prima gli fu mossa dal Monteverde, il quale asseriva che il gruppo era una copia di quello dello scultore Barrias, che trovasi all’accademia di Francia. Il Ferrari espose dal Monaldini, a piazza di Spagna, la fotografia del suo gruppo e di quello del Barrias e vi fu un vero pellegrinaggio per vederli. L’altra accusa gli fu mossa dal signor Publio Cartini, il quale pretendeva che il progetto del monumento del Ferrari per Vittorio Emanuele da inalzarsi a Venezia fosse simile, come sentimento e come concetto, a un altro progetto fatto dal Cartini nel 1877 per commemorare il Plebiscito. La mossa del cavaliere, la differenza delle linee del piedistallo, tutto fece riconoscere che quest’accusa era un cavillo e null’altro.
Del monumento a Vittorio Emanuele si parlò assai in quell’anno. Il lettore rammenterà che