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In quell’occasione fu presentato al Re l’architetto Pio Piacentini, autore del progetto per il palazzo, e il Sindaco pronunziò un discorso molto elevato. Eccolo:

«All’augusta presenza di Sua Maestà il Re e dei consiglieri della Corona, alla presenza degli onorevoli de Sanctis, Bonghi e Coppino, iniziatori di questa grande idea, è per me un altissimo onore lo adempiere al mio ufficio di sindaco di Roma, inaugurando questa desiderata opera nazionale.

«Quest’atto riassume i desideri e le speranze dell’arte italiana, nè può essere indifferente anche al di là delle Alpi.

«Un risveglio delle arti belle nella terra di Michelangiolo, di Raffaello e di Leonardo da Vinci, deve interessare vivamente quanti amano e coltivano il bello nel mondo civilizzato.

«Il municipio romano compie ora un atto solenne, forse il primo in cui a nome della Nazione esercita le sue funzioni di capitale, iniziando un’opera nella quale deve svolgersi la vita artistica della Nazione.

«Roma, più d’ogni altra, desidera che quale fu stretto nelle eterne sue mura il fascio delle forze politiche della Nazione, si stringa il fascio delle virtù intellettive degli italiani pel bene della comune patria.

«Residenza degli alti rappresentanti delle potenze amiche presso due corti sovrane, sede degli istituti scientifici ed artistici delle grandi Nazioni, qui, meglio che altrove, potrà il mondo giudicare se l’Italia sia sempre la madre d’ogni nobile creazione dell’umano pensiero. Sia questa Roma adunque, il cui nome rammenta tante grandezze e tanto solleva alto lo spirito nostro, sia questa la terra ospitale delle serene e pacifiche gare delle arti belle.

«Quando Roma sarà l’arena di ogni nobile emulazione, quando rivaleggeranno le prove del genio molteplice delle terre italiane, quando i cultori delle scienze e delle arti fisseranno i patriottici convegni in questo suolo, culla della latinità e della civiltà cristiana, allora Roma avrà compiuto la sua nobile nuova missione, e più bella e benedetta splenderà sulla eterna sua fronte la corona di capitale.

«Nessun sacrificio può intimidire il municipio di Roma nel progressivo cammino verso questa nobile mèta.

«La città nostra non può, non deve assorbire il genio delle città sorelle, ma deve e può essere il teatro di queste nobili gare, può e deve ospitare le creazioni del genio, perchè dalla unione delle forze e delle virtù patrie, scaturisca la gloria della Nazione, e la felicità del popolo italiano.

«Raggiungere di nuovo il primato che ci è sfuggito, ecco il compito degli artisti italiani, ecco il voto della Nazione.

«Sotto gli auspici di un Re magnanimo, che tutto ha consacrato alla patria, che adora quanto il suo popolo la gloria d’Italia, tutto è possibile, anche le più audaci speranze.

«Il popolo italiano, unito al suo Re, non vuole affievolirsi in sterili lotte, vuole lotte benefiche e produttive, vuole che la sua potente vitalità si svolga come nei secoli scorsi.

«La patria ama ed è fiera degli artisti suoi; essa rammenta che in mezzo alle tante sventure del passato, fra le rovine della civiltà romana che coprivano questo suolo, mentre lo straniero dominava da un capo all’altro, mentre tutto era perduto, gli artisti soli seppero, sereni e perseveranti, attendere a nuove creazioni, salvando dall’oblio e forse dal disprezzo straniero, il nome italiano.

«Sorga dunque sopra questa pietra ardito ed immortale il tempio delle arti, e la sua apoteosi sia consacrata non da adulatrici iscrizioni, ma dal lavoro e dal genio dei figli d’Italia».

Gli artisti non potevano rimanere indifferenti a quanto aveva fatto il sindaco per risolvere la questione del palazzo della esposizione permanente di belle arti. Adunatasi l’Associazione artistica internazionale, essa prese per acclamazione la deliberazione seguente, che il presidente Vallès si affrettò a comunicare all’on. Ruspoli:

«L’assemblea della Associazione artistica internazionale, nella seduta del 7 corrente, applaudiva all’esemplare attività mostrata dal Sindaco e dall’intero Consiglio comunale nel vincere le difficoltà per