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Anche il Sella erasi dimesso da capo della Opposizione, perchè essendo prossimo il momento in cui dovevasi discutere alla Camera l’abolizione graduale del macinato, non voleva vincolare in certo modo il voto dei deputati del suo partito, che avessero desiderato di scendere a transazioni. Gli on. Farini e Sella lasciarono Roma per dimostrare che non intendevano farsi vincere da suppliche; l’on. Crispi rimase al suo posto di combattimento.

Dopo quasi un mese di vacanza la Camera elesse un successore all’on. Farini, e la maggioranza fu per l’on. Coppino, il quale ebbe 174 voti contro i 144 che al secondo scrutinio raccolse lo Zanardelli, perchè la Destra votò per lui. Tenuto conto di 24 schede bianche, il candidato del Ministero non aveva avuto altro che una maggioranza di sei voti. Per quella votazione si ripetė ciò che ogni momento avveniva da tre anni a quella parte; il Governo a un tratto trovavasi di fronte una frazione ostile della Sinistra. Quella volta l’opposizione era diretta dall’on. Zanardelli, il quale aveva nell’on. Crispi un coadiutore molto battagliero. Inasprito dalla guerra che gli era stata fatta, Francesco Crispi era sempre pronto alla lotta, sempre tenace nel combattere. In ogni questione egli prendeva la parola e sempre i suoi discorsi facevano effetto. Appena eletto il Presidente della Camera, e mentre si discuteva il bilancio della guerra, egli accusò il Governo della lentezza dei lavori, di volere imporre leggi gravissime alla Camera, senza avere una maggioranza per sostenerle. L’offesa era diretta all’on. Cairoli, il quale voleva un altro voto di fiducia, cioè un altro puntello per tirare avanti qualche tempo, e aveva fatto presentare dall’on. Spantigati un ordine del giorno in quel senso. La Camera mormorò appena egli ne incominciò la lettura, e l’on. Depretis, il quale non era della stessa opinione del suo collega del gabinetto e capiva che il voto non serviva a nulla, lo rimandò alla discussione del bilancio dell’interno.

Intanto si chiuse fra questi umori della Camera e del Governo la discussione militare, senza che la maggioranza volesse saperne dei provvedimenti proposti dall’on. Ricotti per rendere l’esercito capace di sostenere una guerra. Eppure tutti i deputati, quando si trattava di parlare, deploravano che l’esercito non fosse forte! Ma con un ministro della guerra come il generale Bonelli era difficile che la Camera prendesse qualche seria determinazione.

Vennero dopo in discussione i provvedimenti straordinari militari, cioè la provvista di nuove armi e le fortificazioni dello Stato. Sulla difesa delle coste la tempesta scoppiò. L’on. Saint-Bon attaccò vivamente il ministro della marina per aver cambiato tutto il sistema della difesa, cambiando il tipo delle navi approvato dal Parlamento. Peraltro la burrasca passò senza colpire il ministro, perchè l’on. Acton si rassegnò ad accettare un ordine del giorno dell’on. Nicotera che diceva cosi: «La Camera ritenendo che il ministro della marina affretterà quanto più può la costruzione delle navi di prima classe, e qualora voglia metterne in cantiere altre di diverso tipo, sottoporrà prima i disegni all’approvazione della Camera, passa all’ordine del giorno».

La pieghevolezza del ministro della marina parve eccessiva e la Camera la comentò molto. Egli aveva fatto il sordo all’avvertimento che gli veniva dato indirettamente di cedere il portafoglio all’on. di Saint-Bon, e la Camera non ebbe il coraggio di esprimere con più chiarezza quel desiderio.

I provvedimenti straordinari militari non erano ancora in porto, quando il ministro Magliani chiese un mese d’esercizio provvisorio dei bilanci non ancor votati. La commissione generale del bilancio votò allora alla quasi unanimità il seguente ordine del giorno: «La Camera deplorando che il Governo del Re abbia dovuto presentare un’altra domanda di esercizio provvisorio, passa all’ordine del giorno».