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Chi non rammenta che cosa fosse il palazzo della Consulta quando il Cairoli era presidente del Consiglio e ministro degli esteri? Tutti gli antichi commilitoni andavano su e giù per quelle scale e si stupivano che non li ricevesse subito, che subito non appagasse i loro desiderii. Per essi Benedetto Cairoli era soltanto l’antico compagno di cospirazione e di battaglie, e non potevano figurarsi che gli uscieri vegliassero dinanzi al gabinetto del ministro, e che egli non potesse sempre spalancar loro le porte e le braccia. Il Cairoli, divenuto quasi un mito, come ogni ministro, era per essi cosa inconcepibile, e non avendolo potuto vedere, scendevano le scale brontolando clamorosamente. Ora se molti non erano ricevuti, vi erano fra gli antichi amici alcuni che non potevano essere respinti, o che non essendo ammessi alla presenza del presidente del Consiglio tentavano la sorte una seconda e una terza volta. Con essi Benedetto Cairoli doveva parlare diversamente da quel che parlava alla Camera e le sue parole dovevano necessariamente esser ben dissimili dai suoi atti come ministro, se non voleva inimicarsi tante persone, che un giorno potevano essergli utili, e che anche in quel momento gli conservavano la sua popolarità di patriota, dolce e grato compenso agli attacchi, che doveva sostenere come ministro. Le parole del presidente del Consiglio erano riferite ad altri amici, ad altri correligionari e mantenevano viva la speranza che il Governo del Cairoli non avrebbe usato come quelli del Lanza, del Minghetti, del Nicotera e del Depretis. Da ciò le agitazioni, le istituzioni di tanti circoli sovversivi, nati con la speranza dell’impunità, e cresciuti sotto il regime della tolleranza, finché non scendevano a manifestazioni, che il Governo era costretto a reprimere. Allora accuse dagli amici dell’ordine, e recriminazioni dai colpiti o da quelli che ne dividevano le idee; insomma una situazione penosa per il Cairoli ministro, e un pericolo latente di agitazioni nel paese. Chiusa la Camera le interpellanze si accumulavano; aperta, esse fioccavano addosso ai ministri intralciando il lavoro parlamentare.

Come correttivo della politica del Cairoli, la Destra tenne a Napoli una riunione alla sede della Associazione Costituzionale, presieduta dal Bonghi, alla quale intervennero il Minghetti, il Sella, il Visconti-Venosta e altre tremila persone. Gli uomini di quel partito si erano accorti un po’ tardi che dopo il 18 marzo 1876 le forze andavano sfasciandosi intorno a loro e che era necessario riunirle e far tacere le gare e i risentimenti personali per il bene del paese, seriamente minacciato.

In quella riunione i maggiorenti della Opposizione di Sua Maestà, si posero almeno d’accordo su due punti principali: quello del miglioramento delle condizioni dei Comuni, e l’altro della necessità d’impedire la soverchia ingerenza dei deputati nelle faccende amministrative. Il programma era molto ristretto, ma mirava a sanare la piaga della miseria dei Comuni e a far si che l’amministrazione fosse più sollecita del regolare disbrigo degli affari, affinché le premure dei deputati divenissero inutili e soverchie. Non era il programma di un partito forte, che attende di tornare in breve al Governo; era il lato solo di un programma inteso al bene del paese, che seguito con energia, poteva rinsanguare la Destra, e darle forza per attuare le rimanenti parti del programma alle quali certo i capi avevano pensato.

Il lettore non avrà dimenticato che il Senato aveva respinto alla Camera il progetto di legge sul macinato, dichiarando che non lo avrebbe votato se prima non erano presentati e approvati i disegni di nuove imposte, a fine che il pareggio nel bilancio non fosse alterato dalla abolizione di una tassa che fruttava all’erario molti milioni. Il Senato si adunò il 12 gennaio occupandosi subito della scottante questione, cagione di un conflitto fra i due rami del Parlamento.

L’on. Saracco, relatore dell’Ufficio Centrale del Senato prese nella prima seduta la parola facendo notare che dopo che egli aveva presentata la relazione era sopravvenuto un cambiamento di Mi-