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Come ho detto, si mormorava in Vaticano contro il Papa perchè non nominava cardinali, e si diceva che Leone XIII si astenesse dal dar la porpora a nuovi prelati, perchè alla porpora va unito il piatto, cioè la dotazione. Ai vescovi che non avevano chiesto l’exequatur aveva tolto anche il sussidio, aveva venduto l’«Immacolata Concezione», la corvetta di Pio IX, per non mantenere l’equipaggio, del quale aveva riso quando era andato a presentargli gli omaggi, facendosi annunziare come la marina pontificia. Ma i cardinali morivano e bisognava provvedere. Ne erano morti otto nell’anno precedente e nell’inverno e nella primavera del 1879 morirono il cardinal Berardi, l’Antonucci e il cardinal Guidi, uno degli oppositori del dogma dell’Infallibilità, e il cardinal Morichini, vescovo di Albano, che risiedeva al palazzo Moroni in Borgo Vecchio.
Occorreva dunque provvedere, e nel Concistoro del 13 maggio Leone XIII finalmente, creò diversi cardinali.
I nuovi porporati furono: monsignor Langravio di Furstemberg, arcivescovo di Olmutz, monsignor Floreano Desprez, arcivescovo di Tolosa, monsignor Lodovico Haynald, arcivescovo di Calveza e Boes, monsignor Pie, vescovo di Poitiers, monsignor Ferreira dos Santos Sievo, vescovo d’Oporto, monsignor Alimonda, vescovo d’Albegna, monsignor Giuseppe Pecci, vice bibliotecario di Santa Romana Chiesa, monsignor Hergenroether, prelato domestico di Sua Santità, il padre Newman, prete della Congregazione dell’Oratorio di Londra, il padre Zigliara, consultore delle Sacre Congregazioni dell’Indice.
Il Hergenroether era stato uno dei fautori della conciliazione del Papato con la Germania. Le trattative di quella conciliazione erano state condotte dal nunzio in Baviera, monsignor Aloisi-Masella. Dunque la nomina di lui aveva un carattere politico; il Pecci, fratello del Papa, era un dottissimo teologo e grande propugnatore delle dottrine tomistiche, così vivamente appoggiate dopo dal Papa.
Leone XIII nella ricorrenza della festa di San Pietro, scese per la prima volta nella Basilica Vaticana e andò a pregare sulla tomba degli Apostoli, come poi ha fatto sempre. Ma le porte della Basilica erano chiuse. Peraltro quel fatto destò negli intransigenti una certa apprensione.
I lavori del Tevere andavano a passo di lumaca; essi recavano peraltro grandi vantaggi alla scienza archeologica e all’arte. Le draghe portavano su monete, statue, oggetti diversi; molti preziosissimi. In prossimità del palazzo della Farnesina, fu rinvenuta in quell’anno, la stupenda casa romana, ricca di stucchi e di affreschi, che sono ora il più bell’ornamento del Museo delle Terme Diocleziane. Essi furono collocati provvisoriamente all’orto botanico alla Lungara, ma si riconobbe la necessità di creare un museo per raccogliervi tutto quello che si trovava negli scavi della città e nell’alveo del fiume.
Nel giugno di quell’anno fu inaugurato il tram a vapore fra Roma e Tivoli, costruito dall’ingegner Desiderio Baccelli per conto della stessa Società Belga che aveva costruito quello a cavalli fino a Ponte Molle. L’inaugurazione si fece con pompa e v’intervennero il Lacava, i deputati romani, Baccelli e Ratti, il deputato di Tivoli, Pericoli; monsignor Grassi, coadiutore dell’arcivescovo di Tivoli, andò a benedire la locomotiva con lungo seguito di preti. La stazione del tram era a San Lorenzo, e incomodi i mezzi di trasporto, benchè per andarvi fosse stata creata una linea d’omnibus che faceva capo a via de’ Funari. Incominciarono allora gli studi per mettere il tram a cavalli dalla stazione di Termini fino a San Lorenzo.
Il municipio, nell’incertezza del Concorso governativo, faceva quello che poteva. Aveva creato nuove scuole e provveduto di locali più salubri quelle già esistenti, ne aveva istituite dodici nel