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manesse sospeso, e il Comune non potesse metter mano a nessun lavoro, nè dare un ordinamento stabile al suo bilancio, se non era stabilito se questo concorso sarebbe davvero avvenuto, e quale la quota, quali gli oneri che imponeva, e come il concorso verrebbe ripartito nei successivi bilanci.

L’anno incominciava con una sequela di tristi notizie. La Regina era ammalata e dovette mancare anche al pranzo di gala al Quirinale. Non era una malattia leggera; trattavasi di un indebolimento di tutto l’organismo, che acquistava fasi acute. La gioventù e la forza d’animo della Augusta Signora facevano si che ella spesso riuscisse a dominare il male, e allora ella si mostrava, come al solito, ovunque la sua presenza era necessaria, o solamente desiderata; ma il male riprendeva poi il suo imperio, e allora la Regina doveva mettersi a letto, o rimanere nel suo quartiere. Il roseo incarnato era sparito dal volto di Margherita di Savoia, e il sorriso era velato dalla tristezza. Si vuole che ella fosse stata scossa molto dall’attentato di Passanante, che la truce scena dell’assassino, ritto sulle ruote della carrozza, col pugnale alzato sul Re, non le potesse uscire dalla mente, e che Ella tremasse di continuo per la vita del marito. Queste ansie morali le minavano la salute delicata, e soltanto il tempo, riconducendole la fiducia nell’animo, poté restituirle la salute. Anche il general Medici era molto malato all’albergo del Quirinale, dove il Re andava spesso a visitarlo; l’on. Cairoli era infermo, e infermo anche il Presidente del Consiglio. Il primo aiutante di campo del Re fu per lungo tempo in serio pericolo di vita ; il Cairoli soffriva per la ferita riportata a Napoli, ed il Re aveva per lui continue attenzioni. Non solo andava a trovarlo spesso, ma inviò anche a donna Elena un bellissimo gioiello, come usava fare con le collaresse dell’Annunziata.

A tutte queste malattie che affliggevano gli animi, venne ad aggiungersi la ricorrenza di una data dolorosa, che rendendo più vivo un doloroso ricordo, accresceva la mestizia generale. Voglio alludere al 9 gennaio, giorno infausto per l’Italia.

Si fecero solenni funerali a cura della Casa Reale al Sudario il 14; la musica fu diretta dal maestro Rotoli. Il 16 vi fu il funerale al Pantheon, e l’addobbo fu ideato dal cav. Massuero e piacque, come piacque di nuovo il Benedictus del Terziani. Il 24 gennaio ne fece fare uno il Municipio a Santa Maria degli Angeli, e fu il più sontuoso. Si notò che il padre Bernardino da Caprarola, superiore della chiesa di Aracoeli, ove il funerale era stato celebrato l’anno prima, ufficiò a Santa Maria degli Angeli, insieme con i certosini; che anzi fu lui che cantò la messa. Venne scelta quella del Cherubini con l’assoluzione del Terziani, il quale dirigeva la musica, che fu eseguita dalla Filarmonica Romana e dall’Accademia di Santa Cecilia. Volendosi dare al Terziani un attestato di ammirazione fu stabilito allora di offrirgli una bacchetta d’oro. Questo divisamento fu effettuato pochi mesi dopo, e la bacchetta venne consegnata al maestro con molta solennità durante un banchetto. Il Terziani aveva certo molto valore come compositore di musica sacra, e l’ammirazione era davvero giustificata.

Ma non erano quelle dimostrazioni ufficiali di cordoglio, che provavano il rimpianto per la morte del Gran Re. Il giorno 9, senza che nulla in precedenza fosse stabilito, senza che si facesse nessun appello alla pietà pubblica, la tomba del Re si copri di corone. Esse erano recate dalle diverse associazioni e da privati, e giungevano da ogni remota contrada d’Italia. Alla chiesa dei SS. Vincenzo e Anastasio sarebbe stato celebrato pure un funerale a cura dei cittadini, e il parroco non sarebbesi rifiutato di ufficiare, se nell’ottavario dell’Epifania non fosse proibito dai sacri canoni di far esequie.

L’avere il padre Bernardino da Caprarola ufficiato nella messa di Requiem per Vittorio Emanuele, dimostrava una certa tendenza, se non alla conciliazione, almeno alla tolleranza, tendenza di cui dava prova il Pontefice in ogni suo atto, e che fu rilevata dal ministro del culto, on. Taiani,