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reale a San Giovanni a Carbonara un uomo si slanciò contro il Re e con un pugnale tentò di ferirlo il Re si tirò indietro e non ricevette che una semplice scalfittura all’omero, e nel medesimo tempo diede un colpo colla sciabola inguainata sulla testa dell’assassino. Questi non cessò di tirare colpi, e Cairoli che si era messo davanti al Re per proteggerlo, ricevette una ferita alla coscia. Una guardia municipale corse e arrestò l’assassino, che fu identificato per il pregiudicato Passanante Giovanni. La carrozza continuò il suo cammino e pochi si accorsero li per li dell’attentato, conservando il Re, la Regina, il giovane Principe e Cairoli, benchè ferito, un sangue freddo straordinario.

La notizia dell’attentato giunse a Roma il dopo pranzo sul tardi e subito furono spediti a Napoli telegrammi di ringraziamento alla Provvidenza per aver salvato il Re. Telegrafò Ruspoli a nome della popolazione e della Giunta, telegrafarono i deputati presenti in Roma a Cairoli perché fosse interprete presso il Re dei sentimenti loro, l’Associazione della Stampa, il Senato, e molti altri per modo che il Re ricevette in quei giorni più di 2000 telegrammi da ogni parte d’Italia.

Anche il Sommo Pontefice telegrafo in questi termini, facendo rimettere il telegramma dal cardinal Sanfelice al Re.


«A Sua Maestà Umberto:

«Essendomi giunta notizia del deplorevole attentato contro la vita di V. M. esprimo le mie più vive anze nel medesimo tempo le mie grat lazioni per essere V. M. scampata dal grave pericolo. Prego Iddio per la conservazione della salute di V. M.

«LEONE XIII».


Verso le sette e mezzo di sera i primi giornali che uscivano sparsero la notizia per la città. Cominciarono a formarsi capannelli di gente per il Corso e a piazza Colonna, poi in poco tempo sorse una vera dimostrazione, che munitasi di torcie e di bandiere andò prima al palazzo Braschi, per sapere notizie sicure, poi, rassicurata dal segretario generale per l’interno Ronchetti intorno alla salute del Re, si diresse al Campidoglio acclamando Umberto e Casa Savoia.

Si affacciò il Sindaco e rivolse alla folla esultante queste parole:

«Pur troppo il pugnale dell’assassino si è levato sul petto del nostro Re; ma in quel petto batteva il cuore del prode soldato di Custoza, del figlio del Re Galantuomo, ed il braccio del Re punì con la spada l’aggressore, e difese così la Monarchia e la sua famiglia.

«Voi ben faceste a salire sul Campidoglio: queste storiche mura ripercuotono degnamente le grida di Roma, che confermano la sua fede al Re ed all’Italia.

«Re Umberto è degno figlio dell’Eroe di Palestro e di San Martino. Fu pure ferito Benedetto Cairoli; fra le ferite del gran patriotta non è la meno gloriosa quella che ha ricevuto a fianco del suo Re. La vostra Giunta, interprete dei sentimenti vostri, ha già telegrafato al Re ed alla Regina. Evviva l’Italia».

A queste parole si sollevò un indescrivibile entusiasmo ed il Sindaco riprese:

«Questo vostro entusiasmo, questa concordia di tutto un popolo provano al mondo che i destini d’Italia non dipendono dal pugnale di un assassino».

Nuovi applausi accolsero la chiusa del discorso del Sindaco. La dimostrazione tornò poi in piazza Colonna e fino alle due dopo mezzanotte piazza Colonna risuono di grida di: «Viva il Re! Viva la Casa Savoia! Morte agli assassini!»