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Poca gente udì quest’annunzio, perchè sotto la loggia non vi erano se non che alcuni preti francesi, e il deputato Visconti-Venosta insieme con la marchesa sua moglie. Appena fatta la promulgazione le campane di San Pietro sonarono a festa e la loggia si chiuse.

Frattanto il nuovo Papa era stato condotto da due cardinali anziani dietro la cappella Sistina, ove aveva calzato le scarpe rosse con la croce d’oro, la sottana di seta bianca, il rocchetto e la mozzetta di velluto rosso soppannata di ermellino, la stola ricamata d’oro e lo zucchetto bianco e aveva quindi ricevuto una prima adorazione, che consiste nel bacio del piede e della mano destra. Ad uno ad uno il Papa rialzava i cardinali e dava loro sulla guancia l’osculum pacis, cioè il bacio.

Se pochi erano quelli che avevano raccolto dalla bocca del cardinal Diacono la lieta novella, questa però si era sparsa a un tratto per tutta Roma, e un’ora dopo l’immensa piazza era gremita di gente. Si sperava che il Papa avrebbe dato la benedizione al popolo dalla loggia esterna, e si assicurava che ne avesse intenzione, ma ne fosse dissuaso.

I sampietrini avevano intanto aperto tutte le porte della Basilica, anche quella di bronzo, che era rimasta chiusa dopo il 1870, e la gente andava dalla piazza nella chiesa e riusciva, non sapendo da quale loggia il Papa si sarebbe presentato.

Alle 4 1/2, alcuni camerieri vestiti di nero aprirono la loggia centrale nell’interno della chiesa, quella che è sopra allo stemma dei Doria-Pamphily e vi stendevano un grande tappeto di damasco rosso collocando sovr’esso un cuscino. Un grande mormorio corse allora fra la folla, che teneva gli occhi ansiosamente rivolti sulla loggia. Dopo due o tre minuti di attesa, comparve monsignor Cataldi, maestro di cerimonie, e dietro a lui il nuovo Papa. Un applauso sonoro scoppiò allora nel tempio e le immense volte ripercossero più volte il grido di «Viva Leone XIII, Viva il nuovo Papa!»

Il Papa dette una prima benedizione, quindi i cerimonieri e il crocifero, che erano sulla loggia, fecero cenno al popolo di tacere. In mezzo a un grande silenzio il Papa con voce forte e chiara intonò l’antifona: Adjutorium nostrum in nomine Domini, e il popolo gli rispose.

Terminata l’antifona il Papa alzò gli occhi al cielo e ricongiungendo con largo giro le mani, con voce più elevata e più sicura pronunziò il Benedicat vos Omnipotens Deus ecc. e quindi impartì la trina benedizione papale volgendosi, prima a sinistra, poi al centro e poi a destra. La folla rispose Amen e cominciò di nuovo ad applaudire. Leone XIII fece cessare gli applausi.

La mattina dopo alle 10 nella cappella Sistina il Papa riceveva la cosidetta ubbidienza dai cardinali e quindi veniva cantato il Te Deum. Questa preghiera di ringraziamento si cantava pure in tutte le chiese di Roma, e le campane sonarono dalle 10 alle 11 per tre giorni consecutivi.

Le monache del Bambin Gesù lavorarono assiduamente in quei primi giorni a preparare tre nuovi vestiti per il nuovo Papa. Era stato notato che quando si presentò al pubblico sulla loggia di San Pietro, Leone XIII aveva abiti troppo ampi per lui; erano quelli del suo predecessore che era pingue.

Il Papa sgomentò quelli che lo circondavano nei primi giorni del Pontificato. Appena eletto, andò in carrozza al palazzo Falconieri, ove abitava prima, a prendere alcune carte che premevagli di ritirare; quando il conte Serafini, guardia nobile, che era stato addetto alla sua persona durante il Conclave si accostò per chiedergli una grazia come l’uso vuole, Leone gli battè sulla spalla dicendogli: «A lei penserò io»; ordinò inoltre che alle carrozze papali fossero tolti alcuni ornamenti in bronzo troppo appariscenti: Questo sgomentò, ripeto, perché si vedeva in ogni suo atto il desiderio di romperla, se non con la tradizione, almeno con la consuetudine creata da Pio IX, e in Vaticano i più erano propensi allo statu quo.