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Dopo il viatico monsignor Marinelli amministrò al Papa l’estrema unzione.
V’erso le 10 il polso aumentò sempre di frequenza e il respiro facevasi sempre più affannoso; pareva che ad ogni momento l’infermo dovesse rimanere soffocato dal catarro, mentre conservava piena lucidità di mente. Alle 12 entrava in agonia, e profittando dell’ultimo residuo di forze, benediva i cardinali. Alle 3 perdeva l’uso dei sensi, e alle 5 spirava. Il cardinale penitenziere maggiore, che ne avea spiato l’ultimo respiro, intonò il Requiem.
La camera nella quale mori Pio IX, modestamente arredata, era piccola e quadrilunga. Vi erano due letti, perché quando il Papa era ammalato, si trasportava da uno nell’altro per cambiarlo. Nel mezzo si vedeva un mobile alto su cui stavano alcuni oggetti di devozione; a capo al letto erano appesi due quadretti, uno rappresentante San Giuseppe, l’altro la Madonna di Sinigaglia, di cui il defunto era particolarmente devoto.
Ma sulle ultime ore dell’ultimo Papa che ha esercitato il potere temporale, lasciamo che parli l’Osservatore Romano.
«Fin dalla sera precedente i medici curanti avevano osservato nel Santo Padre i sintomi di una leggera febbre. Nella notte i sonni dell’augusto infermo furono più volte interrotti. Alle 3 ant. fu somministrato al Santo Padre qualche ristoro, si che parve tornato quasi allo stato ordinario. Ma però, prima delle 5 manifestavasi una grande agitazione accompagnata da freddo, ed una inquietante frequenza di respiro. Alle 8 e mezza il polso facevasi frequente, ma depresso; le vie bronchiali erano ingombrate persistentemente da copioso catarro. Però, nell’aggravarsi di tali sintomi, la mente godeva della più perfetta lucidità. Fu allora che mons. Marinelli, sagrista di Sua Santità, comunicò per viatico il Sommo Pontefice. E alle 9 lo stesso monsignore somministrava al Santo Pontefice la estrema unzione. Alle 10 il polso era appena sensibile.
«Frattanto l’ordine dato di esporre il Santissimo Sagramento nelle chiese parrocchiali, aveva svegliato il timore di molti, che non volevano prestare fede alla imminenza di una sciagura. Da tutte le parti si accorreva al Vaticano, e coloro che potevano esservi ammessi, leggevano la conferma dei loro timori nella tristezza che regnava sui volti.
«Intanto il morbo fatale faceva rapidi progressi, la superficie del corpo accennava a raffreddarsi, e un incipiente lividore invadeva le estremità. Passava un’altra ora e la respirazione si faceva sempre più difficile, e, cosa straziante, era accompagnata da un rantolo di tristissimo augurio. La mente del Santo Padre rimaneva sempre serena.
«Le anticamere erano gremite di tutti gli attinenti alla Corte, i quali confusi con tutti gli eminentissimi cardinali, coi membri del corpo diplomatico, e con altri personaggi, non celavano ormai più la espressione del loro dolore.
«In questo momento il Santo Padre, preso il Crocifisso di sotto il capezzale, benediceva con quello tutti coloro che circondavano il suo letto.
«Erano le 12 meridiane, e i medici avvertirono che la respirazione era divenuta addominale.
«Tutti i membri del Sacro Collegio erano raccolti nella stanza del moribondo Pontefice, ed ai suoi fianchi tenevansi costantemente l’eminentissimo Bilio, penitenziere maggiore, e il reverendissimo Martinelli.
«Incomincia, in mezzo a un religioso silenzio interrotto da singulti, la raccomandazione dell’anima, e nel recitarsi l’atto di contrizione il Santo Padre, raccolte tutte le sue forze, pronunziava distintamente le parole: «Col vostro santo aiuto...».
«Il respiro si fa sempre più affannoso, il rantolo sempre più pronunciato.