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La chiesa non avrebbe potuto contenere tutte le persone che componevano tutto il lunghissimo corteo, così non vi furono ammessi altro che i Principi, i capi di missioni, i Deputati, i Senatori, i grandi dignitari dello Stato e della Corte e gli Ufficiali generali.
Sulla porta del tempio, allorchè il carro si fermò, trovavasi a ricevere la salma il capitolo con l’arciprete Gori. La cassa fu presa da 16 corazzieri e mentre entrava in chiesa si abbassarono le 80 bandiere dei reggimenti di fanteria, che erano aggruppate a fianco della porta.
L’arciprete benedì la bara, che fu deposta dai corazzieri sul grande catafalco. Quindi venne coperta col drappo funereo e su di esso, furono posate la corona Reale, lo scettro, la spada, l’elmo e la corona ferrea; attorno al catafalco erano state deposte tutte le corone giunte al Quirinale il giorno prima e la mattina stessa, fra cui quella delle signore romane, portata dalla Marchesa del Grillo.
L’arciprete intuonò l’antifona: Non intres, dopo fu eseguito dagli accademici di Santa Cecilia e della Filarmonica il Libera me Domine, e all’Oremus l’arciprete benedì di nuovo la salma e per ultimo fu cantato il Benedictus. Alle parole Requiescat in pace una commozione potente s’impadroni di tutti gli astanti.
Fu osservato che dei consiglieri comunali di Roma, di parte clericale, il solo che partecipasse al corteo fu il marchese Ferraioli.
Tutto il giorno il tempio fu visitato da una folla di gente, e a mezzanotte gruppi di popolo che tentavano di penetrare. Per tre giorni consecutivi il pellegrinaggio pietoso non cessò mai e nella mattina a tutti gli altari si dicevano messe di Requiem.
Sul frontone del tempio si leggeva:
a vittorio emanuele ii
padre della patria
Sulla porta
italia
con orgoglio di madre
con dolore di figlia
prega
al gran re
che fu cittadino fedele e soldato vittorioso
l’immortalità dei giusti e degli eroi
Si vuole che queste iscrizioni fossero dettate dal Coppino, ministro della pubblica istruzione.
La terza sera dopo il trasporto al Pantheon, quando si potè ottenere che la folla sgombrasse il tempio, fu sepolto il cadavere del Re fra l’altare maggior e quello di Sant’Anastasio. Assistevano alla cerimonia i ministri e le case militari del Re e dei Principi. Una semplice lapide con le lettere in oro indicava la sepoltura del Padre della Patria.
Per il giorno 16 erano stati convocati Senato e Camera. Le due aule erano parate a lutto. Non solo sul banco della presidenza erano stesi i veli con frange d’argento, ma anche sugli stalli dei deputati e attorno agli stemmi delle città italiane. Ai due rami del Parlamento il presidente del Consiglio lesse con le lagrime agli occhi l’elogio funebre del defunto Re, e il Tecchio al Se-