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diritto altra sepoltura nella Roma da lui resa all’Italia, e che a Roma spettava il dovere di custodirne la salma.

Il municipio di Torino aveva già spedito al Presidente del Consiglio dei Ministri il seguente indirizzo:

«Il municipio di Torino, interprete dell’universale sentimento della commossa popolazione volge preghiere vivissime e fa voti ardentissimi perché gli avanzi mortali del grande Monarca, che chiuse la serie dei Re di Sardegna e come tale condusse a termine le più perigliose imprese per la redenzione dell’Italia, abbia il sepolcro a Superga, ove stanno le ceneri del magnanimo suo padre, iniziatore del risorgimento nazionale, del prode suo fratello, compagno di lui nei campi di guerra, della madre sua diletta, della sposa affettuosissima, dei figli cari, dei grandi avi, nell’esempio dei quali crebbe alle forti virtù di principe e di soldato».

Il Re non volle prender da solo una deliberazione di tanta importanza e adunò al Quirinale il Consiglio dei Ministri, volendo, anche in una questione, nella quale avrebbe potuto esser solo arbitro, rimettersi al parere del Gabinetto. Presidente del Consiglio era un piemontese, ma il Depretis in questo dimenticò le sue origini per rammentarsi di esser soltanto italiano, e tanto il deputato di Stradella, quanto il Crispi, che aveva in quel tempo una grande e benefica autorità nel governo, consigliarono al Re di lasciare a Roma la custodia della salma gloriosa.

Roma aveva vinto e il Ruspoli, appena questa risoluzione gli fu notificata, rivolse a nome dei suoi concittadini il seguente indirizzo a Torino:

«Ai Torinesi i Romani:

«La storia dei vostri eroici sacrifici non è compiuta: Roma a nome d’Italia, ne ha chiesto ancora uno, ed è il più doloroso.

«A conforto della vostra Suprema amarezza voi attendevate la salma di Quel GRANDE che tutti piangono, per tributare a lui le ultime testimonianze di affetto e deporlo nelle tombe dei suoi antenati.

«Il forte Piemonte le cui virtù erano tutte personificate nel Re soldato, sarebbe il più degno custode delle ossa gloriose, ma la Patria invoca da voi, che esse riposino in Roma. Il sepolcro del primo Re d’Italia sorgerà nella Capitale del Regno, affermazione del diritto italiano.


«Torinesi!

«Roma confida in voi; in voi, popolo educato alla grande scuola dei sacrifici».


Quest’indirizzo si coprì di migliaia e migliaia di firme, e il Municipio di Roma, le raccolse in un volume e le rimise in seguito a quello di Torino.

Il Re stesso scrisse ai Torinesi una lettera affettuosa per mitigare il loro dolore. Eccone il testo:

«Torinesi!

«Mio primo desiderio fu che la salma del Re fosse tumulata a Superga. In mezzo ai suoi cari avrebbe trovato un degno riposo, dopo un glorioso lavoro.

«Per me e per la mia famiglia pareva incomportabile rinunziare alla tomba dei nostri avi. L’Italia chiese che Re Vittorio Emanuele riposasse in Roma. Questa domanda solenne scosse il mio cuore di Re e di figlio: mi decisero le deliberazioni e il consiglio del mio Governo ad ordinare la tumulazione del Re glorioso in Roma, quale nuova affermazione dell’indissolubilità d’Italia, quale nuova sanzione dell’unità della patria.