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su quella questione fra il presidente del Consiglio e il ministro dei lavori pubblici, conflitto che andò sempre più acuendosi a Camera chiusa, e impedì forse che il progetto di legge si discutesse. Vedremo in seguito quali conseguenze avesse.

La minaccia che i clericali andassero alle urne per le elezioni amministrative, fece, come altra volta, votare compatti i liberali, meno la frazione repubblicana. E i liberali ebbero il trionfo. Nella sala di S. Crisogono, ov’era un seggio, Pietro Cossa, il già celebre autore del Nerone, fece scrivere:

in questa sala
i clericali come pifferi di montagna
vennero per sonare e furon sowati
10 giugno 1877


I presidenti liberali dei seggi, dietro proposta del signor Teofilo De Dominicis, inviarono al primo aiutante di campo del Re, general Medici, il seguente telegramma:

«Alle benevole e generose parole dirette da S. M. il Re al popolo romano il giorno dello Statuto, i cittadini risposero con una splendida votazione, nuovamente affermando la loro fede nell’Italia e nella Casa di Savoia».

Se mi contentassi di fare soltanto la cronaca degli avvenimenti romani, senza ricercarne le origini, dovrei dire che nell’estate del 1877 si costitui l’Associazione della Stampa. Mi piace di narrare come sorse l’idea di costituire questo sodalizio di giornalisti.

Un giorno, nel maggio, l’on. Augusto Pierantoni chiamò a sè dentro il palazzo di Montecitorio Fedele Albanese, e dopo essersi lagnato con lui, che era redattore del Fanfulla, per certi attacchi del giornale, lo percosse. Tutti i giornalisti protestarono con l’on. Di Blasio, questore della Camera, contro questa aggressione. Il presidente della Camera, on. Francesco Crispi, appena informato, rispose a Vico Mantegazza, che era il primo firmatario della protesta, dicendo che deplorava il fatto avvenuto nel palazzo del Parlamento, che dovrebbe essere l’asilo inviolabile della libertà. Dopo qualche giorno nuova lettera del Crispi al Mantegazza con la quale dichiarava che l’on. Pierantoni non aveva voluto porre in dubbio la libertà della stampa.

A tante cortesie del Presidente della Camera risposero ringraziando il D’Arcais per l’Opinione, il Cesano per il Diritto, il Fazzari per il Bersagliere, l’Arduin per l’Italie, l’Avanzini per il Fanfulla, l’Arbib per la Libertà, lo Chauvet per il Popolo Romano, il Dobelli per la Capitale e il Pantano per il Dovere. Ma dopo quel fatto, e vedendo quanto valeva la collettività delle proteste a far rispettare la libertà di stampa, sorse l’idea dell’associazione, e Luigi Ferro l’approfondi e l’elaborò. Furono tenute sedute nella sala della Società Geografica, si discusse lo statuto, e il 15 dicembre l’Associazione della Stampa si costituiva eleggendo a suo presidente Guglielmo De Sanctis, gloria del giornalismo e della letteratura italiana.

Durante tutto il Giubileo episcopale e anche dopo, nei giornali di parte liberale comparivano continue notizie abbastanza allarmanti sulla salute di Pio IX. Pareva da quelle che il male alle gambe facesse continui progressi, che ogni momento gli accessi al petto ponessero in allarme il Vaticano. Quelle notizie erano esattissime, e al di fuori della volontaria prigione si era informati a puntino di quello che avveniva intorno al Pontefice. Questo dispiacque al cardinale Simeoni, segretario di Stato, il quale voleva che il mistero avvolgesse, come densa nube, la persona di Pio IX. I sospetti del cardinale caddero sul dottor Pelagallo, medico curante del Papa, (il chirurgo e consulente era