Pagina:Emma Perodi - Roma italiana, 1870-1895.djvu/170


— 158 —

prefetti erano Gravina e Paternostro, senatori; Sormanni-Moretti, Murgia e Tonarelli, deputati. Le dichiarazioni del ministro dispiacquero alla Camera, e i due senatori non mancarono di fargli rimostranze. Anche i ministeriali si accorsero che il Nicotera non aveva saputo esser temperante, e il La Porta cercò di rimediare il malfatto, assicurando che il ministro non aveva voluto offendere la suscettibilità dei deputati prefetti, nè menomare la dignità del Governo. Ma l’irruento ministro invece di pronunziare poche parole e ringraziare l’amico, ecco che fa uno sfogo lagnandosi che ogni suo atto, ogni sua parola facesse malignare sul conto suo, e per provare che si era anche in passato ricorso a deputati per coprire cariche di fiducia, cita il fatto del Minghetti, mandato a Vienna nell’estate 1870.

La differenza fra quella missione temporanea e quella stabile dei deputati prefetti era grande. Il Minghetti nel recarsi a Vienna durante la guerra, in un momento difficile, aveva assunto una missione che altri non avrebbe forse potuto disimpegnare, e ne era stato richiesto dal ministro degli esteri. Qui, secondo il Nicotera, erano i deputati che avevano chiesto le prefetture, e il Minghetti volle far notare la differenza.

Il Nicotera, al termine della discussione della legge sulle incompatibilità parlamentari, volle un voto di fiducia e l’ottenne, ma intanto l’on. Cantelli, ex-ministro dell’interno, aveva presentato al Senato una interpellanza contro di lui, alla quale dovette rispondere, benchè se ne schermisse chiedendo che si nominasse una commissione di cinque senatori. Il Cantelli fece una auto-difesa in regola, smentendo le accuse del Nicotera. Non negò di aver pagato certe somme al direttore della Gazzetta d’Italia, ma per altre ragioni che per sussidi al giornale, e dichiarò anzi di sapere che esistevano alla prefettura di Firenze le ricevute di quei pagamenti prodotte nel processo dal ministro dell’interno. Terminò con chiedere su tutta la sua vita, svoltasi alla luce del sole, il giudizio della storia. Il Nicotera, urtato forse dalle approvazioni che il discorso del Cantelli aveva suscitato nel Senato, protestò di non dividere le opinioni dell’avversario ed esclamò: «Io non sussidio nessuno». E il Bersagliere? gli fu gridato da più parti. Il ministro rivolse allora ai senatori la sfida di provargli che il Bersagliere fosse sussidiato, e gli fu risposto con sussurri e risate. Ma v’è di più: il Senato aderì di passare all’ordine del giorno.

Il Nicotera non era soltanto fatto bersaglio dai moderati, ma anche dalla frazione più spinta del suo stesso partito, la quale lo faceva attaccare dal Bertani, accusandolo di non voler presentare il progetto di riforma elettorale.

Nonostante questa opposizione latente contro il ministro dell’interno, che si manifestava dentro e fuori della Camera, la maggioranza non mancava mai ai suoi progetti di legge, nè a quelli dei suoi colleghi. La Camera approvava tutto e un giorno sui banchi dei deputati fu trovato questa satira carina, che si disse scritta da un giovane deputato toscano, che sedeva al centro.


A una pecora.


O mite bestiolina,
Che muovi a testa china
E una dolce occhiata
Volgi al guardiano iroso
Se nel groppon lanoso
T’appioppa una pedata,

E se ti nuda dorso
O al pascolo ti mena
Sei del paro serena
E non conosci il morso
O il rimproccio, poichè
Sai dir soltanto: Bèe;