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col Nicotera lo avesse tenuto lontano dalla cosa pubblica e che in seguito a una riconciliazione col ministro dell’interno egli fosse stato portato candidato del Governo alla presidenza.

Prima che il Re inaugurasse la nuova sessione, morì a San Remo, consumata da una lenta malattia, la Duchessa d’Aosta. Per questo il Duca, che avevala assistita con immenso affetto e ne piangeva amaramente la perdita, non potè assistere alla seduta reale. Venne invece il principe Eugenio di Carignano, che non era stato ancora a Roma.

Per cura della Casa Reale furono fatti alla Duchessa solenni funerali nella chiesa del Sudario e il Municipio ne ordinò altri alla chiesa dell’Ara Coeli, ai quali assistettero pure i Principi di Piemonte e tutto il corpo diplomatico.

Il Re nell’inaugurare il Parlamento accennò al recente lutto di famiglia, aggiungendo che «cercava la migliore delle consolazioni nel compimento di un dovere». Non mancò nel discorso reale una dichiarazione di piena fiducia ai nuovi ministri, e questo provocò grandi applausi.

1l Papa oltre al dolore cagionatogli di recente dalla pubblicazione del canonico Guglielmo Audisio, del capitolo Vaticano, intitolato Della società politico-religiosa rispetto al secolo XIX, ne ebbe un altro ben più profondo il 7 novembre. Quella mattina alle 7 moriva in Vaticano il cardinale Giacomo Antonelli, già segretario di Stato sotto Gregorio XVI, e che non aveva abbandonato Pio IX neppure nel 1848, quando dovette cedere il potere al ministero presieduto dal conte Mamiani.

Anche negli ultimi giorni della sua vita, il cardinale Antonelli si faceva portare ogni giorno dal Papa e con lui sbrigava gli affari. Due giorni prima di morire riceveva il nuovo ambasciatore di Francia, signor Baude, e il giorno avanti la morte scendeva nel quartiere di Pio IX per dargli conto delle varie somme ricevute dai pellegrini spagnuoli. Mentre parlava col Papa fu assalito da un violento attacco di gotta al petto; i conti rimasero sospesi e il cardinale fu trasportato nella sua camera. Il male era gravissimo; gli furono amministrati i sacramenti, e il Papa volle rivederlo e gli portò la benedizione in articulo mortis. L’agonia del Cardinale fu lunga e penosa. Egli spirò in mezzo alla sua famiglia, che lo aveva assistito con amore durante la malattia; il fratello Angelo anzi gli era costantemente a fianco da molto tempo.

Il cardinale Antonelli, così inviso ai liberali italiani nel periodo del nostro risorgimento, era nato a Sonnino il 2 aprile del 1806 e aveva fatto a Roma gli studi teologici. Monsignor Liverani, celebre per i suoi libelli contro la Corte papale scriveva: «Un solo vanto non si può rifiutare ad Antonelli, è, cioè, l’arte di reggere al comando di un pontefice, che già diè prova di mutare volentieri ministri, e il segreto di arricchire ad ogni costo».

I contemporanei gliene riconoscono un altro molto maggiore; quello cioè di avere impedito, a molti secoli di distanza un’altra fuga ad Avignone. Se Pio IX resistè alle sollecitazioni del de Merode e dei Gesuiti, che lo spingevano a lasciare il Vaticano, è merito esclusivo del cardinale Antonelli, che gli rappresentò sempre quella fuga come una macchia per il Papato. Prontissimo di mente, egli aveva nelle maniere qualcosa di affascinante, come tutti i ciociari, e nascondeva facilmente la tenacia dei propositi sotto il velo di una cortese arrendevolezza. Per questo poté resistere a fianco di Pio IX, che non voleva esser contraddetto da nessuno.

Il Cardinale lasciò un vastissimo patrimonio diviso in tre parti eguali ai suoi tre fratelli, e piccoli legati ai nipoti; legò pure ai fratelli la magnifica collezione di gemme e pietre preziose, che aveva raccolta con passione per molti anni, non con criterio di archeologo, ma che non per questo aveva minor valore. I doni dei Sovrani erano inestimabili e gli anelli che aveva ricevuto da essi arricchirono la sua collezione. Egli aveva pure molte ambre del secolo XVI pregevolissime.