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Pio IX aveva sperato che la Sinistra avviasse l’Italia sulla via del disfacimento morale e materiale, ma mentre le cose camminavano per il momento quasi come per il passato, non poteva notare altro che una palese ostilità nei rapporti con la Chiesa, vedendo che il nuovo ministro di Grazia e Giustizia aveva presentato la legge contro gli abusi del clero, e il Nicotera proibiva le processioni, mentre in ossequio al principio della libertà di stampa lasciava che l’Osservatore Romano riproducesse il discorso del cardinal Ledochowski offensivo per l’imperatore di Germania, che lo aveva punito per le sue ribellioni allo Stato.
Monsignor Mermillod, che aveva fatto più male che bene alla Chiesa a Ginevra, e il Ledochowski, erano di continuo al Vaticano. Il primo fece anche alcune prediche niente affatto di carattere politico e neppur molto religiose. Parlava piuttosto come uno di quegli eleganti conferenzieri francesi, che si rivolgono specialmente al pubblico femminino e lo dilettano con la blandizia delle idee, che espongono, sapendo vestirle di forma gentile. Il Ledochowski non era uomo da far conferenze, ma il Papa se lo teneva caro perchè lo informava degli avvenimenti grossi e piccini che costituivano le fasi del «Kulturkampf».
Dopo una lunga assenza tornò anche il cardinal Hohenlohe, con poco piacere di Pio IX. Contrario al dogma della infallibilità, scelto dal principe di Bismarck come ambasciatore di Germania, il cardinale gli rammentava troppo che quella nazione avevalo punito del rifiuto di volerlo accettare sopprimendo la rappresentanza presso il Vaticano e inalzando quella presso il Quirinale al grado d’ambasciata. Il cardinal Hohenlohe non si afflisse della poco festosa accoglienza ricevuta. Egli riprese a menar la vita del gran signore, a protegger gli artisti, a frequentare la società, dividendo il tempo fra gli studi e le conversazioni.
Nell’inverno i pellegrinaggi non erano stati numerosi, come il Papa aveva sperato, ma in primavera, in estate e in autunno i fedeli vennero a frotte da più paesi, anche lontani e portarono doni e danaro in gran copia.
Pio IX potè riceverli, scendere nella basilica Vaticana e far celebrare continue funzioni, senza che l’ordine fosse mai turbato. Il ministro dell’interno esercitava una speciale vigilanza perchè voleva dimostrare che dal Governo della Sinistra, meglio ancora che da quello della Destra, si sapeva far rispettare la legge.
Ma se il Papa ebbe in quell’anno molte gioie, se vide prostrati dinanzi a sè i pellegrini di Francia, di Germania, del Belgio e della Spagna, ebbe anche dolori non lievi. Uno profondo glielo procurò monsignor Di Giacomo, vescovo d’Alife, venendo a sedere al Senato. L’Osservatore andò su tutte le furie per quel fatto, ma le sue invettive non approdarono a nulla. Monsignor Di Giacomo tornò al Senato pochi giorni dopo, e allora il Papa gli proibì di dir messa nelle chiese di Roma. Il senatore mitriato chinò allora la testa e in Senato non si vide più.
In primavera già si diceva che il Ministero avrebbe fatto le nuove elezioni e la Destra sentì il bisogno di riunirsi attorno a una bandiera, e di eleggere un capo. Per voto unanime, benchè egli non volesse, fu eletto il Sella, che pronunziò un notevole discorso all’Associazione Costituzionale Romana. Ma il partito, che aveva preso il nome di Opposizione di Sua Maestà, non si segnalava per eccessiva attività. Come tutti i partiti, che si sono sentiti per molto tempo maggioranza, non vedeva l’utilità della propaganda e della stretta unione. Però, nonostante l’inerzia di cui dette prova per le elezioni parziali amministrative, diversi fra i suoi candidati riuscirono eletti, e fra questi anche don Leopoldo Torlonia, che si professava del partito di Destra. Egli era stato nominato gentiluomo della Principessa di Piemonte e i moderati salutarono la sua elezione come una vittoria. Dopo pochi