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i più guelfi fra i deputati; Firenze aveva accolto i gesuiti, e i deputati di quella città vollero scagionarsi da quella accusa accettando il programma della Sinistra.
Questo il motivo del voto dei toscani, ma gli altri dissidenti oltre che dal progetto ferroviario vi furono indotti dal malcontento, che era vivo in paese, per i pettegolezzi che il Governo non aveva saputo impedire, nè far tacere. Fra questi primo va annoverato quello per la lista civile. Si sapeva da tutti che essa era male amministrata e gravata anche da oneri intollerabili; specialmente da alcuni permanenti per le molte proprietà fondiarie che le erano attribuite; altri per i lavori necessari al Quirinale. Il Minghetti presentò un progetto di legge, che non fu discusso prima delle ferie, col quale chiedeva 1,500,000 lire per la lista civile, e durante le vacanze per decreto reale fece dare alla lista civile 500,000 lire. Fece cattivo effetto quel ripiego; si disse che il Governo aveva voluto impegnar la Camera, mentre la Camera, interrogata, non avrebbe mai negato quell’aiuto, e intanto la faccenda della lista civile si faceva seria, perchè si scoprirono varie cambiali del Re con la firma falsificata.
Poi la quistione dei lavori del Tevere si cambiò in un pettegolezzo. La relazione della commissione del bilancio, udito il rapporto del Consiglio superiore dei Lavori pubblici, proponeva che si dovesse rinunziare al vasto progetto di Garibaldi e che fosse stanziata nel bilancio la somma di 10 milioni per isgombrare l’alveo del Tevere e rettificarne il corso urbano. La Commissione del bilancio, di cui era relatore il Cadolini, prima però di presentare la relazione, volle il parere dei ministri, i quali dichiararono che fin da principio che si era parlato dei lavori del Tevere, il Governo aveva voluto fare soltanto quelli prettamente indispensabili, ma che in seguito, plaudendo all’iniziativa del general Garibaldi, si risolvette a fare molto più. L’ultimo progetto presentato alla Camera fu redatto con questo intendimento, perchè sapevano che Garibaldi, pur non approvandolo, non vi si sarebbe opposto. Il nuovo progetto invece, erano sicuri che Garibaldi lo avrebbe disapprovato e per questo neppure essi non lo accettavano. Nonostante queste esplicite dichiarazioni, la Commissione volle procedere al voto e si ebbero 14 favorevoli alla relazione Cadolini e 2 contrari, cioè quelli degli on. Nicotera e Lacava, i quali dissero che in questo caso erano ministeriali.
I giornali di opposizione dopo questo voto incominciarono a dire che l’on. Minghetti aveva voluto imporre a Garibaldi di aderire alla politica del Gabinetto, se gli stava a cuore l’esecuzione dei lavori del Tevere; i soliti falsi amici, ai quali il Generale prestava così facile orecchio, gli fecero apparire un giochetto la condotta del ministero ed egli inviò alla Capitale un articolo firmato, del quale riporto questo brano:
«Non siamo più in tempi nei quali l’infallibilità si nasconde nelle berrette elettorali o si dichiara da numi terreni. La verità è una sola, e con essa non può identificarsi l’errore, quand’anche venisse sostenuto da qualsiasi celebrità. La pretesa maggioranza del Consiglio superiore dei lavori pubblici e incorsa in un errore grandissimo, sia per prevenzione, sia per deferenza. Chiunque è d’avviso che il progetto della sistemazione esclusivamente interna sia da preferirsi al mio, discuta pubblicamente e ribatta le mie ragioni. La politica del silenzio e del mistero è la condanna di chi l’adotta.
«Quindi ripeto che ritenendo illegale il giudizio della pretesa maggioranza di quel Consiglio, ho diritto di protestare innanzi alla Nazione e ai poteri dello Stato, affinchè venga studiato definitivamente il mio progetto essendo il più radicale e il più economico di quanti sono stati proposti, e posso dimostrare che costa 55 milioni, mentre quello della Commissione costa almeno 72 milioni e quello del comm. Baccarini per lo meno 103 milioni».