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«Fra gli eventi di questi venticinque anni trascorsi rimarrà memorabile l’esempio della libertà esercitata così degnamente dal Parlamento, e rimasta inalterata in mezzo a tutte le agitazioni, le vicende ed i pericoli, per l’intimo accordo della Corona coi rappresentanti della Nazione.

«Collo statuto costituzionale abbiamo acquistato la indipendenza e la unità della patria, collo statuto costituzionale sapremo consolidarla e dare al popolo italiano quella grandezza e quella prosperità alla quale i nostri comuni e concordi sforzi debbono essere incessantemente rivolti».


Le parole del Re furono accolte con evviva fragorosi che echeggiavano per la prima volta nella severa sala del trono.

Introdotte quindi le rappresentanze dell’alta Magistratura, del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti, S. M. rispondeva ai loro indirizzi colle seguenti parole:

«Accolgo con grato animo i voti del Consiglio di Stato, della Magistratura italiana e della Corte dei Conti. A voi sono affidati i grandi interessi dell’amministrazione e della giustizia. Se la giustizia è ovunque il fondamento dei regni, nel governo costituzionale l’ufficio della Magistratura diventa più grande e più efficace e colla sua indipendenza cresce ancora la sua responsabilità.

«Da voi i popoli aspettano il costante rispetto delle leggi, la tutela di tutti i diritti e il regolare andamento dell’amministrazione, che essi riguardano a ragione come beni supremi.

«lo confido pienamente nella vostra ferma cooperazione a questi nobilissimi fini».


Seguivano le rappresentanze degli Istituti di scienze ed arti, dei Consigli Superiori dell’Istruzione Pubblica, dei Lavori Pubblici e della Pubblica Sanità. Ometto gl’indirizzi tutti concordi nel proclamare il Re fattore primo dell’unità. A quegli indirizzi S. M. rispondeva:

«Mi è cara la testimonianza della vostra devozione e del vostro affetto. Se il periodo che abbiamo compiuto richiese sopratutto le arti della politica e della guerra, il periodo nel quale entriamo invoca più specialmente il sussidio delle scienze e delle arti della pace.

«A voi si appartiene preparare degnamente la nuova generazione mettendo in onore lo studio delle verità più sublimi.

«Chè se l’istruzione e la scienza saranno congiunte alla moralità ed al carattere, l’Italia potrà salire a quell’altezza che già due volte la rese maestra di civiltà.

«A questo desiderato fine contribuiranno ancora le grandi opere pubbliche, le industrie e i commerci dei quali veggo qui con piacere i degni rappresentanti».

Dopo i grandi corpi dello Stato il Re riceve i rappresentanti delle provincie guidati dall’onorevole Mordini, prefetto di Napoli, e i rappresentanti dei 69 municipi e capoluoghi di provincia, quindi quelli dei Comuni minori, i quali tutti recavano indirizzi. Il Re li prendeva e passavali all’on. Minghetti. A queste rappresentanze Vittorio Emanuele disse:

«Io vi ringrazio delle spontanee e cordiali vostre dimostrazioni, e in voi ringrazio le popolazioni che rappresentate.

«Questo giorno memorabile riconduce il pensiero al mio Augusto Padre da cui mosse l’iniziativa dell’indipendenza italiana e che diede ai suoi popoli lo statuto costituzionale; a Lui serbate, come io serbo, ognora viva la gratitudine.

«Da quel giorno nel quale assunsi la Corona riguardai come un sacro dovere quello di continuare la grande impresa, che egli aveva incominciata.

«Questo dovere mi sostenne sempre in mezzo alle difficili prove ed ai pericoli che abbiamo passato per giungere alla meta sospirata da tanti secoli.