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Vi fu poi in quel giorno la commemorazione alla breccia delle Società Operaie, turbata un poco del discorso del Parboni, che criticava con frasi violente il viaggio del Re, ma la dimostrazione vera la fece la cittadinanza ornando Roma di bandiere, e illuminandola. Il Trastevere pareva una città incantata e al suono degli inni patriottici si univano le acclamazioni al Re e a Roma Capitale.

Nelle sere susseguenti le dimostrazioni si formavano in piazza Colonna e una sera andarono anche al palazzo Caffarelli e i dimostranti mandarono una commissione all’incaricato di affari di Germania, principe di Linar, pregandolo di farsi interprete presso il suo Governo dei sentimenti di gratitudine dei romani per la festosa accoglienza fatta al loro Re.

La presa di possesso dei conventi incominciò con una visita a quelli in cui esistevano biblioteche. Alla Minerva i commissari furono ammessi, all’Angelica, tenuta dagli Agostiniani, vennero respinti.

Al Collegio Romano i commissari accompagnati dal notaro Bosi e dal consigliere comunale Alibrandi, vennero ricevuti dal rettore, padre Cardella, dai rettori di due collegi stranieri, e dal canonico Petacci, segretario del Cardinal Vicario. Il rettore lesse una protesta e dichiarò che si sottometteva soltanto alla forza. Eguale protesta fecero gli altri rettori e il canonico Petacci, a nome del Papa. I commissari, dopo ricevute quelle proteste, chiamarono i padri gesuiti, in numero di 70, e fecero loro legale consegna del libretto per la pensione. La biblioteca fu data in custodia al Preside del Liceo Ennio Quirino Visconti.

Al Gesù andò come consigliere comunale il principe Odescalchi, come notaro il cav. Bobbio. Furono ricevuti dal padre Rossi, rettore, il quale presentò pure una protesta. Anche lì furon distribuiti ai padri, che erano 54, i libretti per la pensione.

Il comm. Placidi e il notaio Venuti andarono a prender possesso del convento dei Francescani all’Aracoeli, ove furono cortesemente ricevuti dal generale, padre Bernardino da Caprarola, che protestò soltanto verbalmente, e lo stesso fece il padre Novaro, generale dei Chierici Minori.

Il padre Secchi pure protestò per conservare intatti i diritti della Santa Sede sull’Osservatorio Romano, e questo fu lasciato a lui in consegna, come le biblioteche furono, dopo fatto l’inventario, lasciate ai padri distributori, i quali vi rimasero quasi una diecina d’anni.

Sarebbe troppo lungo l’elenco di tutti i conventi di cui la Giunta liquidatrice prese possesso, e lo tralascio. Subito dopo quella formalità incominciarono le vendite all’asta degli stabili e trovarono acquirenti, nonostante che anch’essi fossero compresi nella scomunica. L’attuazione della legge non era difficile per il momento, ma i rancori che generava, dovevano durare lungamente e durano ancora.

Vittorio Emanuele nell’inaugurare in novembre la nuova sessione parlamentare rese conto del suo viaggio, accennò alla Camera i lavori da compiere, specialmente quello della riforma militare, e terminò con una frase felice alludendo alla fiducia che aveva nella nazione e questa nel suo Re.

Scongiurato il pericolo di una invasione colerica, cessate le agitazioni degli internazionali e dei clericali, che lavoravano molto di nascosto, specialmente al palazzo Altieri, che era un vero covo di reazione, ma non davano tanto noia come in passato, migliorate immensamente le condizioni igieniche di Roma, dato maggiore incremento alle scuole con la creazione di altre classi elementari, e di una Scuola femminile superiore alla Palombella, sotto la direzione di Erminia Fuả Fusinato, provveduto alle cattedre vacanti all’Università con la nomina del Cremona, del Boll, dello Strüver e di altri professori, l’anno terminava in mezzo a una calma benefica e le feste natalizie spingevano il Re a fare nuove largizioni ai poveri, e la Principessa Margherita ad occuparsi della fondazione dell’istituto per i Ciechi, quello che è alle Terme Diocleziane, e che porta il nome di lei.