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Come mai il Lanza non aveva avuto nessuna comunicazione ufficiale?

Il giorno 15 a cura della famiglia Bonaparte furono fatti solenni funerali nella chiesa di Santa Maria in via Lata; il Governo non vi era rappresentato; ma il Re vi mandò un ufficiale d’ordinanza, e i Principi di Piemonte vi mandarono il generale de Sonnaz, il capitano Ulrich e il marchese e la marchesa di Montereno a rappresentarli. Molti deputati e senatori assistevano alle esequie.

La famiglia Bonaparte era riunita nella cappella gentilizia che ella possiede in quella chiesa, e ove sono sepolti Luciano e il figlio di lui Giuseppe, principe di Musignano.

Il cardinal Bonaparte annunziò la morte di Napoleone III al Papa. Pio IX alzò gli occhi al cielo e non pronunziò parola. Dopo spedì un telegramma affettuoso all’Imperatrice Eugenia. Il telegramma fu fermato da quelli che lo circondavano e che non volevano che il Papa si compromettesse con i superstiti di una dinastia caduta, e dai quali non speravano più nulla, mentre dalla Francia speravano ancora, e fu spedito con gran ritardo, quando già a Chiselhurst si era notato il silenzio di Pio IX. Ma non è tutto. Il cardinal Bonaparte immediatamente dopo la morte di Napoleone III aveva chiesto il permesso di partire per assistere ai funerali. Come è noto, i cardinali di Curia non possono assentarsi da Roma senza il permesso del Pontefice. La domanda fu presentata, per i soliti raggiri dei gesuiti, così tardi, che il cardinal Bonaparte quando gli giunse il permesso non aveva più tempo di trovarsi in Inghilterra per la cerimonia funebre. Pio IX, quando si accorse che la sua volontà non era stata rispettata, andò in furia; ma i gesuiti avevano ottenuto l’intento, che era quello di fare rimanere il Papa assolutamente estraneo a qualsiasi manifestazione d’affetto verso i Napoleonidi. Il rappresentante del Governo di Vittorio Emanuele, general Piola-Caselli, aveva avuto tempo di recarsi in Inghilterra; il porporato, cugino del defunto, non poteva assistere ai funerali del capo della sua famiglia.

Ho accennato nel precedente capitolo alla faccenda dei marinari dell’«Orénoque», che non vennero a Roma a complimentare il Papa per il nuovo anno, perché il signor Fournier esigeva che andassero prima al Quirinale. In seguito a questo fatto, il signor di Bourgoing, accreditato presso il Vaticano, dette le dimissioni, e prima che egli partisse i clericali romani gli diressero una lettera così concepita:

«Signor conte, Quel vincolo sacro che lega la cattolica Francia a questa venerata sede del Vicario di Cristo, e che le meritò il titolo di figlia primogenita della Chiesa, è stato da Voi, signor conte, nobilmente confermato nell’atto che sdegnosamente respingevate di farvi complice di transazioni impossibili. La riconoscenza e l’ammirazione dei vostri compatriotti sono per giustissimo titolo divise dai cattolici romani e noi ve ne porgiamo, signor conte, con queste poche linee, la solenne testimonianza.

«Crediamo fare il più efficace voto per il completo risorgimento della Francia, augurandole molti uomini che vi somiglino».

Dopo il richiamo del signor Bourgoing, era venuto a Roma il signor de Courcelles, si diceva per sostituirlo, ma non aveva missione ufficiale; peraltro era continuamente in Vaticano e spessissimo andava a pranzo da monsignor de Merode. Il de Courcelles abitava all’albergo della Minerva ed era assediato dalle attenzioni dei clericali. Egli aveva una moglie, che per tatto faceva ridere tanto i neri quanto i bianchi, e provocava lo sdegno del Papa. Essa, in una udienza privata, a Pio IX, che domandavale se aveva visitato Roma e aveva veduto tutto ciò che offre di singolare, rispose: «Si, Santità, tutto; mi rimane soltanto da vedere un conclave». Il Pontefice, superstizioso com’era, non dimenticò mai quelle parole.