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dini dello scalone e tirò il campanello all’uscio ben noto di primo piano.
Ad aprirgli comparve un servo in gran livrea, a cui domandò:
— C’è Dario in casa?
Il servo lo squadrò, poi rispose:
— Il signor conte è ancora in letto.
— Dorme?
— Non credo. C’è gente.
— Ebbene, andate a dirgli che suo zio Stambecchi vorrebbe salutarlo.
Fu fatto entrare in un salotto, dove, lasciato solo. Stambecchi si mise a fare le sue riflessioni. In quel salotto, dove egli aveva appeso il cappello quand’era marito di donna Eleuteria, quante volte non aveva fatto aspettare i suoi creditori!
Il servo ricomparve poco dopo, invitandolo a passare nella camera da letto del signor conte.
— Ma sei proprio tu? - sclamò il Rocca-Serena, ergendosi a mezzo sui cuscini e aprendo le braccia a Stambecchi.
Questi si gettò al collo del conte e li si dettero due grossi baci per ciascuno. Poi Stambecchi si volse a salutare l’altro suo nipote, Cesare Vallieri, un’altra buona lana del loro stampo.
— Siediti e racconta - ripigliò il conte Dario.