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non può dar più di quello ch’essa risenta, così la Ida trovava ch’egli era un’acqua cheta. Della freddezza della Ida egli non si lamentava mai, e andavano d’accordo come due angioli. Ella che pareva dagli occhi, dalle labbra, dal seno, dalla flessibilità felina della taglia, una regina di voluttà, non aveva ancora avuta da Raimondo la rivelazione suprema dell’amor sensuale. Perchè accadesse ciò, ella avrebbe avuto bisogno di un uomo che la dominasse interamente nel fisico e nel morale, e il duca non era fatto per questo. Era troppo debole, troppo metodico, troppo ragionevole.
La Ida gli voleva molto bene, ma non ne era innamorata alla follia, e capiva che non avrebbe mai avuta occasione di sentirsi tale per lui. La passione naturalmente non si manifesta che nei disastri del cuore; ma ella sentiva che, con Raimondo, i disastri non sarebbero arrivati mai.
Lui stesso l’aveva, a suo modo, idolatrata, prima di poterla possedere; ma poi s’era acquetato nella sua felicità senza ombre e senza contrasti. Ella non aveva che ad aprir bocca per vedersi esaudita, ed era discretissima. Forse se ella fosse stata una pieuvre avrebbe potuto rovinarlo, nonostante la sua perfetta metodicità. Per debolezza avrebbe cominciato anche a