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Gli agenti teatrali interrogati avevano conservato sui fatti suoi uno strano mistero. Non avevano però negato ch’ella fosse un’artista.

— E che artista! - aveva sclamato fra gli altri un celebre direttore d’orchestra.

Doveva essere una creatura bizzarra molto.

Ella amava immensamente di montare a cavallo, e passava delle ore in cavallerizza, ma non voleva cavalieri in fuori del maestro e ci andava nelle ore in cui era certa di trovare nessuno.

Ma il maestro, la prima volta ch’essa montò in sella, s’accorse ch’ella poteva insegnarne a lui.

Essa gli chiese se le poteva dare qualche cavallo molto difficile, ed egli l’accontentò. Andò a prendere uno zuccone di puledro, che anche i più abili palafrenieri trovavano pieno di tutti i vizi, e glielo presentò. Essa gli guardò un po’ negli occhi e si fece guardare da lui; lo accarezzò, gli diede dello zucchero, poi lo montò. Parve un agnello! Andava come un angelo!

Quando, essendo corsa la voce nella gioventù galante che la bella dai capelli di fuoco andava in cavallerizza all’alba, cominciò a vedersi venire intorno vagheggini e cavalieri e cascamorti, non si lasciò più vedere.