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Finalmente venne la catastrofe. Un giorno egli mi prese in fretta e in furia e mi disse che era necessario fuggire. Stavano per arrestarlo come involto in una cospirazione, non so bene se di nichilisti o di altro. Viaggiammo prima due giorni in slitta, sempre a gran galoppo, poi colla strada ferrata sino al confine, che passammo senza difficoltà.

Eravamo in salvo.

A Parigi arrivammo con pochi danari, che egli aveva raccolti repentinamente e colle mie gioje, eredità di mia madre, che io non avevo mai sfoggiate ancora in nessuna occasione. Esse valevano circa quarantamila rubli. Due mesi dopo, venne la notizia a Parigi che lo Czar aveva sequestrati tutti gli immobili, i mobili, i valori e i crediti di mio padre, il quale non aveva mai avuta la precauzione di mettere delle somme in sicuro sulle banche estere.

Vendetti le mie gioie - tranne questi orecchini, la sola memoria della povera mamma e ci costituimmo una piccola rendita di quattromila franchi. Io avrei voluto mettere a profitto la mia scienza di amazzone, ma egli non volle saperne, e il suo contegno verso di me diventò sempre più misterioso e strano. Egli amava che nessuno mi vedesse, passava