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272 | ivon |
Egli mi disse ch’era stata la mia voce quella che lo aveva commosso al punto da farlo mutare completamente di maniere a mio riguardo. Io dormivo in una camera vicina alla sua, pranzavo sempre con lui e lo accompagnavo sul mio puledro a caccia per monti e valli. Allora abitava in un castello nelle montagne sulle rive del Volga. A quattordici anni io ero già una vera amazzone e sfidavo a stare in sella i migliori cavallerizzi di Pietroburgo. Mio padre, che fino ai quindici anni aveva amato di vedermi vestita da uomo e fattimi tagliare i capelli mi faceva cavalcare come lui, con sella all’ungherese, godeva di vedermi così ardita. Alle volte, quando tornavo dall’essere stata fuori, sola a caccia, o a scorrazzar nella foresta a cavallo, egli diceva al vecchio cameriere: - Non è vero. Ivano, ch’ella sarebbe stato un fiero ragazzo? - Questo era stato sempre fino allora il suo gran rammarico, tanto che io pregavo spesso la Madonna di potermi svegliare qualche mattina cambiata in maschio.
Io ero come il più indomito giovinetto addestrato a tutti gli esercizi maschili. Cavalcavo come un centauro, nuotavo come un pesce, tiravo di scherma e a quindici anni ero già donna nel mio pieno sviluppo.